Paesi dell’ex Iugoslavia
Paesi dell’ex Iugoslavia
IL PAESE un tempo noto come Iugoslavia è una terra che presenta una straordinaria varietà. Con l’Europa centro-orientale a nord, la Grecia e la Turchia a sud e l’Italia ad ovest, questa regione è un crogiolo di culture, lingue e religioni. Il nome Iugoslavia, però, richiama alla mente di molti immagini di scontri e conflitti. Dall’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando nel 1914 alla pulizia etnica in anni più recenti, questa regione della penisola balcanica non ha avuto tregua. Quando le popolazioni della regione sono entrate in conflitto per ottenere l’indipendenza, le singole repubbliche sono diventate nazioni a sé stanti. Alla fine, dalla frammentazione della Iugoslavia sono sorte Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia.
In questo scenario di lotte politiche, etniche e religiose emerge una storia completamente diversa, una cronaca di amore, unità e fiducia. Qui i testimoni di Geova hanno superato i pregiudizi e le ostilità che hanno ridotto in rovina i Balcani. Quest’armonia interculturale è il prodotto della loro lealtà ad un governo superiore, il Regno di Dio.
GLI INIZI
Come ebbe inizio l’opera del popolo di Geova in questa regione? Il nostro racconto comincia con un giovane barbiere di nome Franz Brand, originario della Vojvodina, regione situata nella Iugoslavia settentrionale. Si era trasferito in Austria in cerca di lavoro. Mentre era lì conobbe la verità, che fece conoscere nella città natale quando vi fece ritorno nel 1925. Si unì ad un piccolo gruppo
di persone che leggevano e prendevano in considerazione gli Studi sulle Scritture, una serie di libri per lo studio della Bibbia ricevuti da parenti che vivevano negli Stati Uniti.Il gruppo si rese conto della necessità di predicare. A questo scopo furono tradotti in serbo due opuscoli che spiegavano gli insegnamenti della Bibbia. Purtroppo, però, prima che potessero essere distribuiti, il gruppo fu visitato da un fratello in vista che aveva rinnegato l’organizzazione e aveva costituito una sua setta. Quel fratello riuscì a convincere tutti a lasciare gli Studenti Biblici, tutti a parte Franz.
Franz si trasferì poi a Maribor, in Slovenia, dove trovò lavoro presso un barbiere. Diede testimonianza al proprietario della bottega, Richard Tautz, il quale accettò la verità. Soprannominati i barbieri della Bibbia, Franz e Richard si servirono della bottega come centro per la predicazione. I loro clienti ascoltavano con attenzione: non si sarebbero mai azzardati a muoversi e a dire qualcosa mentre il rasoio passava sulla loro pelle! Tra i loro clienti c’erano Ðuro Džamonja, un politico, e Rudolf Kalle, che di mestiere riparava macchine da scrivere. Sia Ðuro che Rudolf fecero rapido progresso e si battezzarono. Ðuro lasciò la politica e contribuì a fondare La Società del Faro degli Studenti Biblici nel Regno di Iugoslavia. Quell’ente legale permise ai fratelli di predicare e di tenere liberamente le adunanze.
IL “FOTODRAMMA” APRE LA STRADA
Nel 1931 la filiale dei testimoni di Geova della Svizzera inviò due fratelli perché proiettassero in grandi città di
tutta la Iugoslavia il “Fotodramma della Creazione”. Le sale erano gremite e gli spettatori erano particolarmente attenti mentre Ðuro lo proiettava. In tutto il paese il “Fotodramma” destò l’interesse per la verità biblica. Nel frattempo a Maribor i fratelli tenevano le adunanze in sloveno e tedesco, mentre a Zagabria e nei dintorni c’erano gruppi che si riunivano per studiare pubblicazioni tradotte in croato.In seguito i fratelli decisero di cominciare a tradurre La Torre di Guardia in sloveno e croato, una vera impresa in quei primi tempi. Una volta completata la traduzione, una sorella dattilografava la rivista usando la carta carbone; in questo modo se ne potevano produrre solo 20 copie. Successivamente, quando riuscirono a procurarsi un ciclostile, la tiratura della Torre di Guardia salì a 200 copie.
Muniti di queste riviste, i fratelli e le sorelle viaggiavano in treno per predicare in varie zone della Iugoslavia. A volte i fratelli della Slovenia noleggiavano un camioncino scoperto guidato da un non Testimone, il quale li portava nel posto in cui volevano predicare e aspettava tutto il Atti 13:48.
giorno finché non avevano finito. In quei primi tempi i proclamatori del Regno non avevano ricevuto molto addestramento e talvolta il loro messaggio era fin troppo esplicito; ma Geova benedisse i loro sforzi aiutandoli a trovare “quelli che erano giustamente disposti per la vita eterna”. —“Sentii parlare della verità nel 1931 da mia zia, Terezija Gradič, e da suo marito Franc”, ricorda Franc Sagmeister. “Lui era tra i primi proclamatori della Slovenia. Per quanto un tempo si fosse fortemente opposto alla religione, Franc cominciò a leggere la Bibbia con molto interesse. La cosa mi colpì molto, così mi unii a lui nello studio delle Scritture. Nonostante l’opposizione dei familiari, volevo parlare ad altri di ciò che avevo imparato. Non appena la notizia giunse all’orecchio del parroco, questi mi convocò. Mi disse che non mi era permesso tenere la Bibbia perché non ero in grado di capirla. Mi rifiutai di dargli quella che avevo. In seguito, dopo la morte di mio padre, il parroco mi avvicinò per strada furioso perché non
avevo pagato neanche una messa per mio padre. Gli dissi: ‘Di messe ne pagherei cento, mille, se aiutassero mio padre’.“‘Aiutano, eccome se aiutano!’, replicò il parroco.
“‘Se è in cielo’, dissi, ‘non ha bisogno delle vostre messe, e se è all’inferno, una non sarebbe sufficiente’.
“‘E se fosse in purgatorio?’, obiettò il parroco.
“‘Senta’, risposi, ‘lei sa bene che possiedo molte proprietà. Sono pronto ad andare subito dall’avvocato per intestare tutto a lei se riesce a provarmi con la Bibbia che l’uomo ha un’anima immortale che sopravvive alla morte, che inferno e purgatorio esistono davvero e che Dio è una sorta di Trinità’.
“Mi guardò con uno sguardo truce, si accese una sigaretta e se ne andò”.
PIONIERI ALL’OPERA
Negli anni ’30 donne e uomini devoti aprirono la strada perché la luce della verità risplendesse in Iugoslavia. Ad esempio a Maribor, in Slovenia, Grete Staudinger, Katarina Konečnik e poi Karolina Stropnik intrapresero quello che fu chiamato servizio di pioniere temporaneo. Più a sud, a Mostar, la città più importante dell’Erzegovina, Alfred Tuček, un direttore d’orchestra, riconobbe che quella era la verità e iniziò a fare il pioniere. Dušan Mikić, un ventitreenne di Zagabria, in Croazia, ricevette l’opuscolo Dove sono i morti? Anche lui fece progresso in fretta, si battezzò e cominciò a fare il pioniere. Presto le file dei pionieri sarebbero state rinforzate con l’arrivo dalla Germania di fratelli e sorelle zelanti.
Mentre in Iugoslavia la verità metteva radice, in Germania veniva vietata. La filiale della Svizzera inviò in Iugoslavia una ventina di pionieri esperti, tra i quali Martin Poetzinger, Alfred Schmidt, Vinko e Josephine Platajs, e
Willi ed Elisabeth Wilke. Per quanto non parlassero né sloveno né serbo-croato, quei volenterosi pionieri predicarono con coraggio usando cartoline di testimonianza, e posero così le basi per futuri sviluppi.LE DIFFICOLTÀ INCONTRATE DAI PIONIERI
Lo zelo con cui servivano Geova e l’amore che provavano per le persone aiutarono i pionieri a superare i problemi dovuti alla lingua e alla mancanza di soldi. Anche spostarsi da un posto all’altro non era facile. Non di rado per raggiungere villaggi lontani bisognava percorrere a piedi una quarantina di chilometri lungo un terreno impervio in condizioni climatiche rigide. Una pioniera ricorda che per recarsi da un villaggio all’altro toglieva le scarpe per non consumarle. Martin Poetzinger, che in seguito divenne membro del Corpo Direttivo, raccontava con piacere di quando attraversava le campagne con lo zaino pieno di letteratura predicando a chiunque volesse ascoltare.
Il problema dei mezzi di trasporto si attenuò quando un fratello in Svizzera acquistò delle biciclette e le donò a quei fedeli pionieri. Quelle biciclette continuarono ad essere impiegate nel ministero per decenni.
Anche se la gente della Iugoslavia era nota per l’ospitalità, l’ambiente era ostile dal punto di vista religioso, e i nostri pionieri affrontarono molta persecuzione. I preti esercitavano enorme influenza sui loro fedeli, soprattutto nei piccoli villaggi. A volte istigavano i bambini a seguire i pionieri e a lanciare sassi contro di loro. Inoltre il clero spinse le autorità a dare fastidio ai pionieri, a confiscare la loro letteratura e ad arrestarli.
Una volta, mentre predicava in un villaggio sperduto della Croazia, Willi Wilke sentì un intenso clamore proveniente
dalla piazza. Willi, la moglie e un’altra pioniera, Grete Staudinger, stavano offrendo l’opuscolo Il giusto Governatore, che in copertina raffigurava Gesù Cristo. “Inorridii”, ricorda, “quando al mio arrivo vidi una folla inferocita di una ventina di persone armate di falci che circondavano mia moglie. Nelle vicinanze si trovava un gruppo di persone che bruciava i nostri opuscoli”.I pionieri non avevano la minima idea del perché quelle persone umili fossero così infuriate, e la sorella Wilke non conosceva abbastanza la lingua per capirlo. Grete, invece, parlava bene sia il tedesco che le lingue locali. Si fece avanti e chiese: “Signori, cosa state facendo?”
“Non vogliamo re Pietro!”, risposero quasi all’unisono.
“Neanche noi”, disse Grete.
Sorpresi, gli abitanti indicarono la figura dell’opuscolo e chiesero: “E allora perché gli fate propaganda?”
A quel punto Grete capì. Appena un anno prima, nel 1934, il re di Iugoslavia, Alessandro I, era stato assassinato e il figlio Pietro doveva succedergli al trono. Ma gli abitanti del villaggio preferivano essere autonomi piuttosto che avere un monarca serbo. Quelle persone avevano scambiato la figura di Gesù Cristo con re Pietro.
Il malinteso fu chiarito e fu data un’ampia testimonianza sul Re Gesù Cristo. Alcuni che avevano bruciato gli opuscoli ora ne volevano dei nuovi. I pionieri lasciarono il villaggio felici, sentendo che Geova li aveva protetti.
I pionieri dovevano stare attenti anche alle usanze locali. Quando si predicava in villaggi bosniaci prevalentemente musulmani, bisognava fare particolare attenzione a non offendere la gente del posto. Ad esempio guardare negli occhi una donna musulmana sposata poteva provocare una reazione negativa da parte del marito.
A quel tempo le congregazioni e i gruppi presenti nel paese erano pochissimi. Quindi a volte, dopo aver predicato per tutto il giorno in un villaggio lontano, era difficile trovare ospitalità per la notte. Dato che i pionieri avevano pochi soldi, non potevano permettersi una stanza in una pensione. Josephine Platajs ricorda: “In un villaggio nessuno ci ospitò perché avevano paura del prete cattolico. Era quasi buio e stavamo andando via dal villaggio quando vedemmo un grosso albero e, sotto, delle foglie secche: il nostro giaciglio per la notte! Usammo il sacco della biancheria come cuscino, e mio marito si legò la bicicletta alla caviglia con una corda. Ci svegliammo il giorno successivo e scoprimmo di aver dormito vicino ad un pozzo: così avevamo anche l’acqua per lavarci! Non solo Geova ci aveva protetti, ma si era anche preso cura dei nostri bisogni fisici”.
Quei pionieri videro come Geova si prendeva cura di loro anche nelle piccole cose. Quello che più interessava loro era promuovere la buona notizia e non fare una vita comoda.
PASSANDO PER LA MACEDONIA
Viaggiando dalla Slovenia alla Bulgaria, Alfred e Frida Tuček, entrambi pionieri, colsero l’occasione per diffondere il messaggio del Regno. Nella città di Strumica, in Macedonia, diedero testimonianza al proprietario di un negozio, Dimitar Jovanovič, e gli prestarono delle pubblicazioni. Un mese dopo, al ritorno dalla Bulgaria, andarono a trovarlo di nuovo. Dopo aver saputo che non aveva letto niente, gli chiesero di restituire le pubblicazioni per poterle dare a qualcuno che le avrebbe apprezzate. La cosa incuriosì Dimitar, il quale li pregò di dargli una
seconda opportunità per leggerle. Dopo averle lette, si rese conto di aver trovato la verità, e fu il primo in Macedonia a battezzarsi e a diventare testimone di Geova.Dimitar parlò della verità ad Aleksa e Kosta Arsov, che erano fratelli. In poco tempo in Macedonia c’erano tre Testimoni. Muniti di riviste, fonografo e discorsi registrati, cominciarono a predicare. Una di quelle riviste finì nelle mani di un ministro evangelico metodista, che a sua volta la passò a Tušo Carčev, giovane dalla mente sveglia della sua chiesa. Tušo fu colpito da quello che lesse e convinse il ministro a procurargli altre riviste. In poco tempo Tušo imparò che non era giusto essere pagati per predicare la buona notizia. Sorpreso lo riferì al ministro, il quale reagì non procurandogli più le riviste. Tušo trovò nelle riviste l’indirizzo della filiale di Maribor e scrisse perché gli fossero spedite altre riviste. L’ufficio chiese a Dimitar, Aleksa e Kosta di far visita a Tušo. Presto fu formato un gruppo.
Nel 1935 i fratelli spostarono la filiale da Maribor, in Slovenia, alla città serba di Belgrado, capitale della Iugoslavia, e Franz Brand e Rudolf Kalle furono scelti come sorveglianti.
L’OPERA VIENE PROIBITA
Troviamo una testimonianza della zelante attività che i nostri fratelli svolgevano in quei giorni in un opuscolo pubblicato dalla Chiesa Cattolica nel 1933.
L’opuscolo spiegava in modo dettagliato l’attività di predicazione dei Testimoni, e la chiesa preannunciava che la nostra opera sarebbe presto finita. Quanto si sbagliava!Nella zona settentrionale della Iugoslavia il clero era irritato dalla zelante attività del piccolo gruppo di pionieri. E si infuriò ancora di più quando i tribunali fermarono i tentativi volti a limitare l’attività di predicazione del Regno. Alla fine, però, un prete gesuita della Slovenia diventò ministro degli Interni. Uno dei suoi primi provvedimenti fu lo scioglimento della Società del Faro. Poi, nell’agosto del 1936, l’opera venne proibita ufficialmente. Le autorità apposero i sigilli alle Sale del Regno e confiscarono tutta la letteratura. Fortunatamente le congregazioni erano state informate in anticipo e, di conseguenza, le autorità trovarono ben poco da confiscare. Perché si potesse continuare a svolgere l’opera, fu aperta a Belgrado una piccola casa editrice sotto il nome di Kula stražara (La Torre di Guardia); le adunanze si continuarono a tenere, ma in case private.
Ora che era in vigore un bando ufficiale, il governo aumentò le pressioni nel tentativo di fermare l’opera di predicazione. Prese di mira quelli che erano impegnati nel servizio a tempo pieno, creando sempre più problemi ai nostri fratelli di lingua tedesca. Era stata la messa al bando dell’opera in altri paesi d’Europa a portare molti di quei pionieri in Iugoslavia, e adesso l’opera di predicazione era proibita anche qui. Anche se i pionieri vennero arrestati e imprigionati, il loro zelo non si affievolì. “Talvolta era difficile ricevere visite in prigione, ma Geova non ci abbandonò mai”, disse una sorella. “In un’occasione, a un fratello che era venuto a trovarci fu negato il permesso di vederci, ma parlò alla guardia carceraria così ad alta voce che potemmo sentirlo. Bastò il suono della sua voce perché ci sentissimo molto incoraggiati”.
In quel periodo turbolento, ci volle molto coraggio per tradurre e distribuire l’opuscolo Il giudice Rutherford smaschera la quinta colonna, che denunciava il sostegno dato dalle chiese del cattolicesimo al programma politico del regime nazista. Fu tradotto in serbo, croato e sloveno, e ne furono stampate 20.000 copie per ciascuna lingua. L’opuscolo fu subito vietato, i pionieri che venivano dall’estero furono espulsi e il procuratore capo incriminò gli editori chiedendo che fossero condannati a 10-15 anni di prigione. Nonostante il pericolo, i pochi proclamatori presenti in Iugoslavia distribuirono velocemente le 60.000 copie.
“A quel tempo le persone erano assetate di verità bibliche e amavano leggere”, spiega Lina Babić, che conobbe la verità verso la fine della seconda guerra mondiale e fu a stretto contatto con fratelli e sorelle fedeli. “Dato che dovevamo essere sempre prudenti”, racconta, “decisi di ricopiare alcune pubblicazioni nel mio taccuino. Così, se mi avessero perquisito, sarebbero sembrati solo appunti personali”.
TOLSTOJ O GEOVA?
Mentre il mondo era sull’orlo della guerra, in una delle congregazioni più grandi della Iugoslavia ebbe luogo una scissione. Alcuni avevano iniziato a propugnare il pensiero religioso dello scrittore russo Lev Tolstoj. Un tempo appartenente alla Chiesa Ortodossa Russa, Tolstoj si era convinto che tutte le chiese cristiane fossero istituzioni corrotte che avevano completamente alterato il cristianesimo. Alcuni fratelli fecero propria questa sfiducia nei confronti di tutte le organizzazioni religiose e iniziarono a sentirsi insoddisfatti dell’organizzazione di Geova. Abusando della fiducia accordatagli, il fratello responsabile della congregazione di Zagabria riuscì a persuadere la maggior parte dei proclamatori ad accettare le idee di
Tolstoj. La sua influenza era così forte che il grosso della congregazione, più di 60 componenti, approvarono una risoluzione per rinnegare l’organizzazione di Geova.Non appena lo venne a sapere, Rudolf Kalle lasciò Belgrado alla volta di Zagabria per incontrarsi con l’intera congregazione. Trattò le verità bibliche fondamentali che Geova aveva rivelato per mezzo della classe dello schiavo fedele e discreto. (Matt. 24:45-47) Poi domandò: “Chi vi ha insegnato queste verità? Tolstoj o l’organizzazione di Geova?” Citando Giosuè 24:15, chiese a chi voleva rimanere nell’organizzazione di Geova di alzare la mano. Solo in due lo fecero.
“Fu un dolore inesprimibile”, ricordava Rudolf.
Sembrò che tutto quello che di buono era stato fatto nella congregazione stesse per svanire.
Poi Rudolf invitò i due che erano rimasti fedeli a salire sul podio e disse: “Siamo rimasti solo in tre. Ora siamo noi a rappresentare il popolo di Geova in questa città. Prego tutti gli altri di lasciare la sala e andare per la propria strada. Per favore, lasciateci in pace! Noi vogliamo servire il nostro Dio, Geova, voi potete andare a servire il vostro Tolstoj. Non vogliamo più avere niente a che fare con voi”.
Per alcuni secondi ci fu silenzio assoluto. Poi uno dopo l’altro i presenti cominciarono ad alzare la mano e a dire: “Anch’io voglio servire Geova”. Alla fine solo il servitore di congregazione apostata e alcuni al suo seguito lasciarono la sala. Questa prova di lealtà rafforzò i fedeli servitori di Geova preparandoli per le avversità molto più intense che avrebbero affrontato di lì a poco.
LE DIFFICOLTÀ DELLA GUERRA
Il 6 aprile 1941 l’esercito tedesco invase la Iugoslavia. I massicci bombardamenti aerei che colpirono Belgrado danneggiarono la filiale. La Iugoslavia fu divisa dalle
truppe tedesche. Per un po’ i combattimenti interruppero le comunicazioni tra la Betel in Serbia e i fratelli in Slovenia, Croazia e Macedonia. Ancora più grave era la situazione dei fratelli all’estremità meridionale della Macedonia, i quali non riuscirono a ristabilire i contatti sino alla fine della guerra.All’improvviso i fratelli dovettero affrontare circostanze del tutto nuove e difficili. A motivo del fatto che il mondo era coinvolto in un conflitto internazionale, i nostri fratelli attraversarono un periodo di intense prove e vagliatura. La loro fede e l’amore per Geova e la sua organizzazione sarebbero stati messi alla prova.
La filiale di Belgrado fu chiusa e la distribuzione della letteratura venne coordinata a Zagabria, in Croazia. Dal momento che campi di concentramento e pena di morte presero il posto di multe e imprigionamenti, discrezione e riserbo diventarono sempre più importanti.
Quando le forze tedesche occuparono e spartirono la Iugoslavia, furono creati campi di concentramento. In Croazia questi campi furono impiegati per segregare e sterminare diverse minoranze etniche e non cattoliche oltre a tutti gli oppositori religiosi del regime. In Serbia le forze naziste istituirono campi di lavoro e campi di concentramento. A motivo della loro posizione neutrale, oltre 150 fratelli dell’Ungheria furono internati nel campo di Bor, in Serbia. Anche i testimoni di Geova della Iugoslavia diventarono bersaglio del regime nazista. Di conseguenza l’opera di predicazione veniva svolta soprattutto in modo informale. Ai proclamatori fu consigliato di portare con sé solo la Bibbia e una pubblicazione, e fu detto loro cosa dire nel caso venissero arrestati. Si radunavano in piccoli gruppi senza sapere dove gli altri gruppi tenevano le adunanze.
La letteratura veniva prodotta clandestinamente sul posto, dato che farla entrare nel paese non era sicuro. In diversi posti i fratelli lavoravano tutta la notte per stampare e fascicolare riviste e opuscoli. Inoltre lavoravano sodo per guadagnare il denaro necessario per finanziare le attività di stampa. Grazie a diversi contatti, i fratelli riuscivano sempre a procurarsi il necessario per stampare. Mentre all’interno della Iugoslavia dilagava il pregiudizio etnico e religioso, i nostri fratelli rimasero uniti e misero insieme il loro denaro per provvedere cibo spirituale salvifico. Ma come avrebbero fatto a portarlo a gruppi isolati di proclamatori del loro territorio?
Stevan Stanković, un ferroviere di origine serba, fu pronto ad aiutare i fratelli senza tener conto della loro provenienza. Per quanto fosse rischioso, assunse l’impegno di portare in segreto la letteratura dalla Croazia alla Serbia, che era occupata dai militari. Un giorno la polizia trovò della letteratura nella valigia che Stevan portava con sé. Volevano sapere da dove provenisse. Ma, leale ai suoi fratelli, Stevan si rifiutò di rivelarlo. La polizia lo portò in prigione per interrogarlo e poi lo trasferì al vicino campo di concentramento di Jasenovac. Fu in quel campo, noto per la barbarie che vi si perpetrava, che il nostro fedele fratello perse la vita.
Durante quel periodo difficile Mihovil Balković, fratello accorto e pieno di risorse, lavorava come idraulico in Croazia. Oltre a lavorare, visitava i fratelli per incoraggiarli e per portar loro la letteratura. “In un’occasione”, racconta il nipote, “venne a sapere che, una volta arrivato alla successiva città, il treno su cui viaggiava sarebbe
stato perquisito. Così scese una fermata prima del previsto. Anche se la maggior parte della città era circondata da filo spinato, trovò un varco in un vigneto. Poiché portava la letteratura nel suo zaino, mise due bottiglie di rakija (brandy fatto in casa) nella tasca superiore assieme ad altri viveri. Mentre guardingo attraversava il vigneto, superò un bunker e improvvisamente un soldato gridò: ‘Chi va là?’ Quando Mihovil si avvicinò, uno dei soldati gli chiese: ‘Cosa portate?’“‘Un po’ di farina, fagioli e patate’, rispose.
“Quando gli fu chiesto cosa c’era nelle bottiglie, disse: ‘Annusa e assaggiane un po’’.
“Dopo che il soldato l’ebbe assaggiato, Mihovil continuò: ‘Questa bottiglia è per te, figliolo, e l’altra è per me’.
“Soddisfatti dalla risposta e dalla bottiglia di rakija, i soldati dissero: ‘Potete andare’.
“Così”, conclude il nipote di Mihovil, “la letteratura fu portata a destinazione”.
Mihovil fu senza dubbio coraggioso. I suoi viaggi lo portarono in zone controllate da schieramenti opposti. A volte si trovò faccia a faccia con i partigiani comunisti; in altre occasioni si trovò di fronte agli ustascia a fascisti o ai soldati cetnici. Invece di tirarsi indietro, sfruttò quelle opportunità per dare testimonianza e spiegare la speranza per il futuro presentata nella Bibbia. Ci voleva molto coraggio, dato che la vita dei Testimoni era costantemente in pericolo. Più volte fu arrestato, interrogato e imprigionato.
Verso la fine della guerra, nella notte del 9 novembre 1944, i partigiani fecero irruzione in casa di Mihovil, sequestrarono
la letteratura e portarono via Mihovil, che purtroppo non fece mai più ritorno. In seguito si venne a sapere che era stato decapitato.Josip Sabo era solo un ragazzo quando distribuì pubblicazioni nella regione croata della Slavonia viaggiando in bicicletta. Sul portapacchi mise una scatola per le pubblicazioni, che poi coprì con delle pere fresche. A quel tempo l’ingresso di quasi tutti i villaggi era barricato e sorvegliato.
“Cosa c’è nella scatola?”, chiesero le guardie ad ogni posto di blocco.
“Pere per mio zio”, rispondeva, e le guardie prendevano una o due pere. Mentre si avvicinava a destinazione, c’erano sempre meno pere per coprire la letteratura. Così Josip imboccò una stradina abbandonata per conservare le ultime pere con la preziosa letteratura nascosta sotto.
FEDELI FINO ALLA MORTE
Lestan Fabijan, un muratore di Zagabria, parlò della verità a Ivan Sever, Franjo Dreven e Filip Huzek-Gumbazir. Nel giro di sei mesi si battezzarono tutti e iniziarono a predicare e a tenere adunanze. La sera del 15 gennaio 1943, una pattuglia piombò a casa di Ivan Sever per arrestare lui, Franjo Dreven e un altro fratello, Filip Ilić. I militari perquisirono la casa, confiscarono tutta la letteratura e portarono via i fratelli.
Lestan venne a sapere dell’arresto, così si recò insieme a Filip Huzek-Gumbazir dalla madre e dalla sorella di Franjo per confortarle. I partigiani fiutarono il loro arrivo e arrestarono sia Lestan che Filip. I cinque fratelli spiegarono con l’aiuto della Bibbia che servivano solo Geova e che erano soldati di Cristo. Dal momento che tutti si rifiutarono di impugnare le armi e combattere, furono condannati a morte e vennero quindi tenuti in prigione.
Una notte i cinque fratelli furono svegliati, spogliati e portati nel bosco. Mentre camminavano fu data loro l’opportunità di cambiare idea. I soldati cercarono di infrangere la determinazione dei fratelli facendo leva sul loro amore per la famiglia. Parlarono della moglie di Filip Huzek-Gumbazir, che era incinta, e dei quattro figli che avevano, al che Filip dichiarò che aveva completa fiducia che Geova si sarebbe preso cura di loro. Franjo Dreven non aveva né moglie né figli, perciò gli chiesero chi si sarebbe preso cura della madre e della sorella.
Una volta arrivati al luogo prescelto, i soldati fecero rimanere i fratelli in piedi, esposti al freddo invernale. Poi iniziarono le esecuzioni. Prima spararono a Filip Huzek-Gumbazir. Poi i soldati aspettarono un po’ e chiesero agli altri se avevano cambiato idea. Ma i fratelli non cedettero. Così i soldati uccisero Franjo, poi Ivan e quindi Lestan. Alla fine, Filip Ilić, l’ultimo ancora in vita, venne meno e
acconsentì ad unirsi ai soldati. Comunque, tre mesi dopo dovette tornare a casa perché si era ammalato e raccontò quello che era successo. A motivo della malattia perse prematuramente la vita, la stessa vita che aveva cercato di salvare scendendo a compromessi.In Slovenia molti nostri fratelli e sorelle furono vittime della persecuzione. Ad esempio, Franc Drozg, un fabbro di 38 anni, si rifiutò di imbracciare le armi. Per questo motivo l’8 giugno 1942 fu giustiziato dai soldati nazisti a Maribor. Secondo il racconto di alcuni presenti, gli appesero al collo un cartello con su scritto “Io non sono di questo mondo” e poi gli spararono. (Giov. 17:14) La sua forte fede è evidente nella lettera che scrisse alcuni minuti prima della sua esecuzione: “Caro amico Rupert, oggi sono stato condannato a morte. Non piangere per me. Mando a te e a tutti quelli della casa i miei affettuosi saluti. Ci vediamo nel Regno di Dio”.
Le autorità fecero di tutto per fermare l’opera di predicazione, ma Geova dimostrò di essere un Dio di salvezza. Ad esempio, la polizia faceva frequenti raid e ordinava agli abitanti della zona di disporsi in riga per controllare il loro documento d’identità. Tutti quelli che sembravano sospetti venivano subito portati in prigione. Nel frattempo altri agenti di polizia perquisivano le case e gli appartamenti. Spesso i fratelli furono testimoni della protezione di Geova quando la polizia tralasciava le loro case, senza dubbio perché pensavano che fossero già state perquisite. In almeno due occasioni negli appartamenti dei fratelli c’era parecchia letteratura e anche dei ciclostili. Quelli che presero parte all’opera di predicazione in quel periodo pericoloso provarono molte volte quanto sia vero quello che garantisce la Bibbia: “Geova è molto tenero in affetto e compassionevole”. — Giac. 5:11, nota in calce.
CONDANNATI A MORTE
Nel 1945 si concluse la seconda guerra mondiale, ponendo fine a uno dei periodi più sanguinosi che la storia ricordi. I fratelli speravano che, con la sconfitta di Hitler e dei suoi alleati, sarebbero state revocate le restrizioni all’opera e che avrebbero potuto predicare di nuovo liberamente. C’erano buone ragioni per essere ottimisti: il governo comunista appena instaurato prometteva libertà di stampa, di parola e di culto.
Nel settembre 1946, però, furono arrestati 15 fratelli e 3 sorelle. Tra loro c’erano Rudolf Kalle, Dušan Mikić e Edmund Stropnik. Le indagini durarono cinque mesi. Le autorità accusarono i Testimoni di operare contro gli interessi del popolo e dello Stato e di minacciare l’esistenza stessa della Iugoslavia. Asserivano che la nostra opera era diretta dagli Stati Uniti e che usavamo la proclamazione del Regno di Dio come copertura per distruggere il socialismo e ripristinare il capitalismo. Un prete cattolico fu in prima linea nell’accusare i fratelli di essere spie americane che usavano la religione come alibi.
In tribunale i fratelli sotto accusa parlarono con coraggio in loro difesa e diedero un’eccellente testimonianza a favore di Geova e del suo Regno. Vjekoslav Kos, un giovane fratello, disse: “Giudici della corte, ho conosciuto questa religione, ovvero gli insegnamenti biblici, grazie a mia madre, e ho servito Dio. Durante l’occupazione tedesca mia madre fu messa in prigione. Due mie sorelle e mio fratello avevano la stessa fede di mia madre. Furono portati a Dachau, dove vennero fucilati perché, dato il modo in cui adoravano Dio, erano ritenuti comunisti. A motivo di questa stessa religione oggi mi trovo qui, di fronte a questa corte, accusato di essere fascista”. Il tribunale lo assolse.
Il tribunale non fu altrettanto indulgente con gli altri. Tre degli accusati furono condannati alla fucilazione, e agli
altri furono inflitte pene detentive che andavano da 1 a 15 anni. Questa ingiustizia, comunque, innescò una rapida e intensa reazione di protesta nella fratellanza mondiale. I Testimoni di Stati Uniti, Canada ed Europa scrissero migliaia di lettere di protesta al governo iugoslavo. Inviarono anche centinaia di cablogrammi. Persino alcuni funzionari statali scrissero a favore dei fratelli. Grazie a quest’enorme sostegno, le pene di morte furono commutate in pene detentive di 20 anni.L’opposizione ai Testimoni, comunque, non finì lì. Due anni dopo le autorità slovene arrestarono Janez Robas e sua moglie Marija assieme a Jože Marolt e Frančiška Verbec perché predicavano. L’atto d’accusa recitava in parte: La “‘setta dei geovisti’ . . . ha reclutato nuovi membri e li ha istigati contro il nostro sistema sociale [e] contro il servizio militare”. Affermando che i fratelli stavano cercando di indebolire la difesa del paese, le autorità emisero sentenze che prevedevano dai tre ai sei anni di lavori forzati.
Nel 1952, a motivo di un cambiamento nella politica del paese, tutti i Testimoni furono rilasciati; così si continuò a predicare il messaggio del Regno. Si realizzò la promessa di Geova: “Qualsiasi arma formata contro di te non avrà successo, e qualsiasi lingua si levi contro di te in giudizio tu la condannerai”. — Isa. 54:17.
Ciò nonostante il governo seguitò nel tentativo di indebolire la determinazione dei fratelli. I media li bollarono come “malati di mente” e “fanatici sull’orlo della pazzia”. Le continue notizie negative e la paura costante di essere sorvegliati cominciarono a turbare alcuni fratelli. Quando Testimoni fedeli furono rilasciati, altri nelle congregazioni li considerarono delle spie. Tuttavia Geova continuò a rafforzare le congregazioni grazie a fratelli leali e maturi.
Quando Tito (Josip Broz) salì al potere al termine della seconda guerra mondiale, si capì che in Iugoslavia l’esercito
avrebbe avuto un ruolo fondamentale. Quelli che rifiutarono di fare il servizio di leva, indipendentemente dalle ragioni, si vennero a trovare contro il governo.PROVE DI LEALTÀ
Durante la seconda guerra mondiale Ladislav Foro, un bambino croato di nove anni, era stato ad un raduno obbligatorio di cittadini in cui un prete cattolico aveva fatto un sermone. Dopo il sermone, Ladislav curiosò dietro la tenda del palco e vide il prete togliersi le vesti sacerdotali. Sotto portava un’uniforme ustascia e, intorno alla vita, una cartucciera con una bomba a mano. Armato di sciabola, il prete montò a cavallo e gridò: “Fratelli, andiamo a cristianizzare! Se qualcuno non è d’accordo, sapete cosa fare!”
Ladislav sapeva che non era quello il modo in cui si sarebbe dovuto comportare un uomo di Dio. Di lì a poco, cominciò a frequentare assieme allo zio le adunanze dei Testimoni che si tenevano in segreto. I suoi genitori andarono su tutte le furie, ma Ladislav continuò a frequentare le adunanze e a fare eccellente progresso spirituale.
Nel 1952, quando ricevette la chiamata alle armi, Ladislav chiarì la sua posizione sulla neutralità cristiana. Gli ufficiali lo sottoposero a diversi interrogatori nel tentativo di costringerlo a prestare giuramento militare. In un’occasione lo portarono in una caserma in cui erano radunate 12.000 reclute per prestare giuramento. I soldati lo fecero stare in piedi di fronte a tutti e gli misero un fucile in spalla. Lui lo gettò immediatamente per terra. Usando degli altoparlanti perché tutti potessero ascoltare, i soldati dissero che, se Ladislav lo avesse fatto di nuovo, sarebbe stato fucilato. Al secondo rifiuto lo portarono via e lo spinsero nel cratere prodotto dall’esplosione di una bomba, profondo diversi metri. Fu dato l’ordine di esecuzione, un soldato sparò due colpi nel cratere e gli uomini tornarono in
caserma. Ma i proiettili avevano mancato il fratello.Quella notte gli ufficiali tirarono fuori Ladislav dal cratere e lo portarono in prigione a Sarajevo. Gli fu consegnata una lettera secondo la quale altri che avevano la sua stessa fede stavano facendo compromessi, mentre lui marciva in prigione con i criminali. Con lunghi discorsi su quello stesso tono gli ufficiali fecero più volte pressione su di lui. Ma Ladislav faceva questo ragionamento: ‘Ho scelto di servire Geova a motivo di una persona in particolare? No! Sono qui per piacere agli uomini? No! La mia vita dipende da quello che gli altri possono dire, pensare o fare? No!’
Grazie a questo ragionamento spirituale Ladislav si mantenne fedele per tutto il tempo che rimase in prigione. Fu rilasciato quattro anni e mezzo più tardi. In seguito prestò servizio come sorvegliante di circoscrizione con il sostegno di Anica, sua devota moglie e compagna di fede.
PARZIALE RICONOSCIMENTO LEGALE
Dopo la rottura con l’Unione Sovietica nel 1948, Tito decentralizzò il governo e gradualmente concesse maggiore libertà. Per quanto il governo fosse ancora socialista, c’era più tolleranza nei confronti della religione.
Il governo offrì un incontro ai rappresentanti dei testimoni di Geova e propose che fosse preparato un nuovo statuto che avrebbe reso possibile la legalizzazione dell’opera dei Testimoni. I fratelli stesero la bozza dello statuto e il 9 settembre del 1953 i testimoni di Geova ottennero nuovamente il riconoscimento giuridico in Iugoslavia.
Mentre altri paesi comunisti stavano deportando i nostri fratelli, i Testimoni della Iugoslavia godevano di
sufficiente libertà per riunirsi in sale autorizzate dalle autorità. Questo consentì inoltre ai fratelli della Macedonia di ricevere letteratura e tenersi in contatto con l’ufficio di Zagabria. Comunque, anche se nel 1953 i testimoni di Geova furono riconosciuti legalmente come comunità religiosa, sarebbero passati 38 anni prima che la legge consentisse loro di svolgere il ministero di casa in casa.I problemi continuarono. A motivo della posizione neutrale dei fratelli, le autorità consideravano l’opera di predicazione un modo per fare propaganda. La rete interna della polizia segreta e degli informatori rese molto difficile l’opera di predicazione. I fratelli che venivano sorpresi a predicare potevano essere arrestati e multati. Un resoconto riferiva: “Arresti e processi continuano. È quello che succede in particolare in Slovenia, dove l’influenza cattolica è la più forte e dove molti del popolo di Geova vengono sorvegliati dalla polizia e dai suoi agenti allo scopo di sorprenderli mentre studiano la Parola di Dio. I fratelli tuttavia hanno mostrato di essere determinati a neutralizzare l’obiettivo della persecuzione, ubbidendo a Dio anziché agli uomini”.
“CAUTI COME SERPENTI”
Quando predicavano nelle zone rurali della Slovenia, per prima cosa i fratelli chiedevano ai padroni di casa se vendevano uova. Se il prezzo era buono, le compravano per non destare sospetti. Quando avevano uova a sufficienza, chiedevano ai successivi padroni di casa legna da ardere. Se sembrava sicuro, durante l’acquisto facevano cadere il discorso sulla Bibbia. — Matt. 10:16.
In Croazia, nelle zone vicino a Zagabria, i fratelli lavoravano il territorio sistematicamente, ma in modo da evitare di essere scoperti. Un espediente era quello di visitare una casa su dieci. Ad esempio se venivano incaricati di predicare alla prima casa, allora i proclamatori predicavano alla
prima casa, all’undicesima, alla ventunesima, alla trentunesima e così via. Grazie all’impegno profuso, molti conobbero Geova. Comunque, dato che il ministero di casa in casa era difficoltoso, il metodo utilizzato più spesso nella predicazione fu la testimonianza informale.In Serbia i fratelli si riunivano in case private. Damir Porobić descrive le adunanze che venivano tenute in casa di sua nonna dopo la seconda guerra mondiale. “C’erano dai cinque ai dieci presenti”, spiega. “La casa di mia nonna era l’ideale, dato che vi si poteva accedere da due strade. Questo rendeva possibile a tutti venire e andare via senza destare sospetti”.
Veronika Babić nacque in Croazia, e la sua famiglia cominciò a studiare a metà degli anni ’50. Nel 1957, dopo il suo battesimo, si trasferì assieme al marito a Sarajevo, in Bosnia. Milica Radišić, che era originaria della Slavonia, una regione della Croazia, si battezzò nel 1950. Anche la sua famiglia si trasferì in Bosnia. Entrambe quelle famiglie cominciarono a diffondere la verità del Regno in Bosnia. Anche qui, come nelle altre zone della Iugoslavia, dovevano predicare con prudenza. “Fummo denunciati alla polizia”, racconta Veronika, “e la nostra letteratura fu sequestrata. Fummo arrestati, interrogati, minacciati di essere sbattuti in prigione e dovemmo pagare delle multe. Ma nessuna di quelle cose ci scoraggiò né ci intimorì. Al contrario, rafforzarono la nostra fede in Geova”.
“Un giorno”, ricorda Milica, “un uomo venne alla Sala del Regno e mostrò interesse. Fu ben accolto e trascorse addirittura del tempo a casa di fratelli. Alle adunanze commentava con zelo. Ma poi accadde che nostra figlia, mentre era sul posto di lavoro, lo vide partecipare ad una riunione della polizia segreta. Allora capimmo che era stato mandato dalla polizia per spiarci. Dal momento che i suoi rapporti con la polizia non erano più segreti, non venne più”.
LE PRIME SALE DEL REGNO
Prima di ottenere il riconoscimento giuridico da parte del governo, per legge i testimoni di Geova non potevano riunirsi in case private e pertanto, quando lo facevano, rischiavano di essere arrestati. Comunque, anche dopo aver ottenuto il permesso di riunirsi apertamente, fu difficile trovare un luogo in cui farlo, dal momento che molti provavano antipatia per i testimoni di Geova e si rifiutavano di dar loro locali in affitto. Quindi i Testimoni decisero di acquistare degli edifici in cui riunirsi.
Ben presto i fratelli trovarono un’officina nel centro di Zagabria. La trasformarono in una bella Sala del Regno che conteneva circa 160 posti e aggiunsero un piccolo ufficio per stampare letteratura. Questa Sala del Regno fu usata anche per le assemblee; fu utilizzata per la prima volta nel 1957, quando vi fu tenuta la prima assemblea di distretto che radunava Testimoni provenienti da tutta la Iugoslavia. Alcuni anni dopo i fratelli acquistarono una casa nel centro di Zagabria, in via Kamaufova, utilizzata dalla famiglia Betel fino al 1998.
Nel 1957 i fratelli comprarono un edificio a Belgrado che fu usato sia come Sala del Regno che come ufficio per il lavoro della Betel. In seguito acquistarono una stalla a Lubiana e ne fecero una Sala del Regno. Nel 1963, a Sarajevo, trasformarono un garage in una sala, che fu utilizzata dalla prima congregazione della Bosnia-Erzegovina. Alcune di queste strutture ebbero bisogno di parecchio lavoro; i fratelli tuttavia offrirono generosamente se stessi e le loro risorse, e Geova benedisse i loro sforzi.
UN’ORGANIZZAZIONE MIGLIORE STIMOLA LA CRESCITA SPIRITUALE
Nel 1960 furono assegnati sorveglianti viaggianti per aiutare ed incoraggiare le congregazioni. Alcuni fratelli
furono invitati a servire come “sorveglianti di circoscrizione del fine settimana”. In quei primi tempi questi fratelli utilizzarono volentieri i giorni in cui non lavoravano per viaggiare, incoraggiare i fratelli e promuovere l’unità.“Per circa un anno ho servito assieme a mia moglie come sorvegliante di circoscrizione nei fine settimana”, ricorda Henrik Kovačić, membro del Comitato di Filiale della Croazia, “e in seguito come sorvegliante viaggiante a tempo pieno. I fratelli vivevano in condizioni di estrema indigenza, e spesso alloggiavamo in posti in cui non c’erano né acqua corrente né gabinetto. Ciò nonostante i fratelli mostrarono grande apprezzamento per le nostre visite e manifestarono amore e ospitalità in modo straordinario.
Spesso ci cedevano il loro letto e ci provvedevano un pasto, per quanto loro stessi avessero molto poco. Per non essere di peso, in alcune congregazioni ogni sera stavamo in un alloggio diverso”.“Benché fosse difficile”, dice Šandor Palfi, che ora fa parte del comitato che soprintende all’opera in Serbia, “servire come sorvegliante nei fine settimana fu l’esperienza più straordinaria. I fratelli aspettavano con ansia il nostro arrivo. Erano poveri, ma facevano tutto il possibile per darci il meglio di quello che avevano. Per loro la visita del sorvegliante di circoscrizione era un’occasione molto speciale”.
Mentre prestava servizio come sorvegliante di circoscrizione, Miloš Knežević curava l’opera della filiale della Iugoslavia. Durante i decenni del regime comunista, il fratello Knežević ebbe un ruolo determinante per risolvere i problemi legati alle molte denunce sporte contro i fratelli.
PROGRESSI INCORAGGIANTI IN MACEDONIA
Nel 1968 un giovane di Kočani, in Macedonia, conobbe la verità mentre frequentava l’università a Zagabria. Al suo ritorno a casa parlò della buona notizia a parenti e amici.
“Quel giovane era mio cugino”, ricorda Stojan Bogatinov, il primo battezzato di Kočani. “Facevo il cameriere e talvolta io e i miei compagni di lavoro parlavamo di religione. Dopo una delle nostre conversazioni, un membro della Chiesa Ortodossa entrò nel locale per mangiare qualcosa. Mentre lo servivo, gli chiesi se poteva procurarmi una Bibbia tramite la sua chiesa, perché volevo veramente conoscere Dio. Mi disse che avrebbe provato a portarmene una. Ben presto ebbi la mia copia del ‘Nuovo Testamento’. Ero così felice che dopo il lavoro mi precipitai a casa per cominciare a leggerlo.
“Con mia sorpresa lungo il tragitto incontrai mio cugino, che era tornato da Zagabria. Mi invitò ad andare
da lui, ma dissi che non potevo perché non vedevo l’ora di andare a casa a leggere la mia Bibbia. ‘Ho qualcosa che ti interesserà’, replicò mio cugino. ‘A casa ho dei libri che ti aiuteranno a capire la Bibbia’. Andammo a casa sua e con molto piacere vidi che aveva la Bibbia completa, alcuni opuscoli e alcune riviste La Torre di Guardia in croato. Mi offrì le pubblicazioni, e cominciai subito a leggerle. Capii immediatamente che stavo leggendo qualcosa di speciale. Non conoscevo nessun testimone di Geova, ma volevo conoscerli.“Quando mio cugino tornò a Zagabria, andai con lui. Lì, un Testimone ospitale, Ivica Pavlaković, mi invitò a casa sua e rimasi da lui per tre giorni. Durante la permanenza gli feci molte domande, alle quali rispose sempre usando la Bibbia, cosa che mi colpì molto. Assistetti ad un’adunanza di congregazione e fui incoraggiato dalla calorosa fratellanza.
“Ivica mi portò alla Betel di Zagabria, dalla quale uscii felice e con tante pubblicazioni in mano. Dopo alcuni giorni indimenticabili, tornai a Kočani con il tesoro spirituale che avevo trovato. Non c’erano Testimoni che abitavano nelle vicinanze, quindi io e Ivica cominciammo a scriverci regolarmente. Nelle mie lettere c’erano tante domande, nelle sue le risposte. Man mano che imparavo più cose, ne parlavo agli altri, così mia moglie e i miei figli cominciarono a mostrare interesse. Presto diventammo una famiglia unita nella verità e la nostra conoscenza della Bibbia crebbe. Eravamo felici e con zelo cominciammo a parlare della buona
notizia a parenti e amici, e molti ci ascoltarono. Ma con la predicazione arrivò la persecuzione”.RIUNITI IN GERMANIA PER L’ASSEMBLEA
Anche se in Iugoslavia i fratelli non erano così isolati come quelli di altri paesi comunisti, erano pochi e desideravano tanto provare l’amore della fratellanza mondiale. Così quando seppero che nel 1969 si sarebbe tenuta l’assemblea internazionale “Pace in terra”, cercarono di ottenere dal governo l’autorizzazione per uscire dal paese e assistervi. Immaginate quanto furono contenti quando fu concessa loro l’autorizzazione!
L’assemblea fu tenuta nel grande stadio di Norimberga, in Germania, dove appena qualche decennio prima Hitler, che aveva minacciato di sterminare i testimoni di Geova, aveva fatto sfilare le sue truppe. Il programma fu presentato in molte lingue, e i delegati della Iugoslavia furono entusiasti di sapere che in un campo sportivo situato in una zona alberata nei pressi dello stadio principale si sarebbero tenute sessioni nelle loro lingue. Un enorme palco divideva il campo, così che metà dei delegati, seduti da un lato, ascoltavano il programma in serbo-croato, mentre l’altra metà, dall’altra parte del palco, ascoltava il programma in sloveno. Quel programma di otto giorni accrebbe in modo straordinario la conoscenza e la fede di quei fratelli.
Erano stati prenotati treni e autobus da ogni parte della Iugoslavia perché i delegati si recassero in Germania. “Entusiasti di essere uniti ai nostri fratelli e alle nostre sorelle”, racconta un fratello che era venuto dalla Croazia, “ai finestrini delle carrozze del treno esponemmo con orgoglio cartelli che annunciavano l’assemblea”.
I fratelli furono felici di vedere e ascoltare Nathan Knorr e Frederick Franz, della sede mondiale. “Non riuscimmo a contenere l’entusiasmo”, ricorda un delegato,
“quando vennero nel nostro settore dello stadio per salutarci”. Le benedizioni che i fratelli iugoslavi ricevettero superarono di gran lunga i molti sacrifici che avevano fatto per essere presenti. “Ci vollero due mesi di stipendio per pagare il viaggio per l’assemblea”, dice Milosija Simić, che veniva dalla Serbia, “e fu difficile ottenere al lavoro dieci giorni liberi. Non sapevo se al mio ritorno mi sarei trovata o meno senza lavoro, ma ero decisa ad andare. Fu incredibile! Ancora oggi, a quasi 40 anni di distanza, quando ripenso a quell’evento gioioso mi vengono le lacrime agli occhi”. Dopo essere stati insieme ad altri Testimoni provenienti da ogni parte della Iugoslavia e aver assaporato l’unità della fratellanza internazionale, i fratelli tornarono a casa rafforzati, pronti per affrontare le difficoltà che li attendevano.IL CONTRIBUTO DEI PIONIERI LOCALI
I pionieri tedeschi che erano arrivati nei primi anni ’30 avevano fatto molto lavoro per diffondere la buona notizia. Ora, con l’aumento dei proclamatori, c’erano più fratelli iugoslavi che iniziavano il servizio di pioniere. La Slovenia, ad esempio, poté inviare pionieri esperti in zone più distanti della Iugoslavia dove il bisogno era maggiore. Con coraggio quei pionieri affrontarono la difficoltà di imparare nuove lingue e adattarsi a culture diverse.
“Mi trasferii a Priština, la città più grande del Kosovo”, ricorda Jolanda Kocjančič. “Qui si parlano l’albanese e il serbo. Anche se io e Minka Karlovšek non parlavamo nessuna delle due lingue, decidemmo di cominciare a predicare,
e fu così che le imparammo. Alla prima casa, parlammo al figlio maggiore di una vedova d’origine ceca. Cominciammo la nostra presentazione in sloveno mescolandolo con alcune parole in serbo: ‘Vorremmo parlare alla vostra famiglia della buona notizia della Bibbia’.“‘Entrate’, rispose, ‘mia madre vi sta aspettando’.
“Quando entrammo, la madre, Ružica, si precipitò verso di noi. Spiegò che 14 giorni prima aveva pregato Geova chiedendogli di mandare qualcuno che l’aiutasse a conoscerlo meglio. Sua sorella, una testimone di Geova dell’attuale Repubblica Ceca, le aveva suggerito più volte di chiedere aiuto a Geova in preghiera. Ružica era convinta che la nostra visita fosse la risposta alla sua preghiera. Così, mentre Ružica ci insegnava il serbo, noi le insegnavamo la verità della Bibbia. Si unirono allo studio alcuni studenti che vivevano in affitto in casa sua. Uno di loro ci diede un dizionario di albanese, che ci fu utile per imparare quella lingua”.
Zoran Lalović, del Montenegro, era solo un ragazzo quando ricevette una Bibbia da un pioniere di Zagabria. Cinque anni dopo, nel 1980, dalla Serbia arrivò un pioniere speciale che studiò con lui. “Non fu facile tagliare i ponti con i miei amici della discoteca”, dice Zoran, “ma, alla fine, quando ci riuscii, feci rapido progresso e alcuni mesi dopo mi battezzai a Belgrado. Subito dopo fui incaricato di pronunciare discorsi pubblici, dal momento che c’erano pochi fratelli. Inoltre cominciammo a tenere tutte le adunanze nella città di Podgorica”.
BATTESIMI NELLE RISAIE
“Quando le persone erano pronte per il battesimo, io le battezzavo”, racconta Stojan Bogatinov, della Macedonia. “Non avevamo una vasca da bagno adatta e il fiume locale era troppo basso. Comunque nella nostra zona ci sono molte
risaie con canali che le riforniscono d’acqua. Alcuni erano abbastanza profondi e puliti da essere impiegati per il battesimo. Ricordo il primo battesimo in una risaia. Mentre l’attraversavamo per raggiungere il canale, qualcuno mi chiamò ad alta voce: ‘Stojan, allora hai trovato nuovi braccianti!’“‘Eh sì’, risposi, ‘c’è tanto lavoro’. Non immaginavano che il nostro lavoro fosse la raccolta spirituale che si stava effettuando in Macedonia”.
I fratelli della Macedonia avevano scarsi contatti con la filiale e avevano ancora molto da imparare a proposito delle procedure teocratiche. Stojan Stojmilov cominciò a frequentare le adunanze in Germania e, quando tornò in Macedonia, fu felice di trovare Testimoni anche a Kočani. “Quando arrivai e spiegai ai fratelli come si tenevano le adunanze in Germania”, racconta, “mi chiesero subito di condurre lo studio Torre di Guardia e pronunciare un discorso pubblico. Spiegai che non ero ancora battezzato, ma insisterono sostenendo che ero il più qualificato. Così acconsentii. Alla fine io e mia moglie facemmo progresso e anche noi ci battezzammo nelle risaie”.
Veselin Iliev, che ora presta servizio come anziano a Kočani, spiega: “Conoscevamo poco dell’organizzazione teocratica, ma amavamo molto la verità”. Col tempo Geova fece in modo che le cose fossero corrette. Per citare un esempio, avere a disposizione una maggiore quantità di pubblicazioni in macedone diede un contributo notevole nel promuovere la verità del Regno e rafforzare le congregazioni.
MAGGIORE LIBERTÀ USATA CON PRUDENZA
Dal momento che la Iugoslavia non era sotto il controllo della Russia, la gente godeva di libertà che era impossibile avere oltre la cortina di ferro. Verso la fine degli anni ’60
la Iugoslavia fu il primo paese comunista ad abolire i visti e a diminuire i controlli al confine. Grazie a una maggiore libertà di spostamento, i fratelli della Iugoslavia settentrionale presero l’impegno di portare la letteratura nei paesi che confinavano con l’Unione Sovietica, dove l’opera di predicazione era ancora vietata.Per prima cosa trasportavano la letteratura su furgoni dalla Germania alla Iugoslavia. Ðuro Landić, che fa parte del Comitato di Filiale della Croazia, ricorda che la loro casa servì da deposito di letteratura fino alla caduta dell’Unione Sovietica. “Le nostre auto avevano falsi fondi nel bagagliaio e compartimenti nascosti nel cruscotto”, racconta. “Sapevamo che se ci avessero scoperti avremmo potuto perdere le nostre auto e saremmo finiti in prigione ma, di fronte alla gioia che i nostri fratelli provavano quando ricevevano la letteratura, sentivamo che ne valeva la pena”.
La sorella Milosija Simić, che portava la letteratura dalla Serbia alla Bulgaria, racconta: “Non sapevo mai a chi avrei consegnato la letteratura; mi veniva dato solo un indirizzo. In un’occasione scesi dall’autobus e trovai la casa, ma non c’era nessuno. Feci il giro dell’isolato, arrivai da un’altra direzione e feci un altro tentativo. Ma anche questa volta non trovai nessuno. Nel corso della giornata ripetei la stessa cosa una decina di volte con prudenza per non destare sospetti, ma non riuscii mai a trovare nessuno. Fu un bene, dato che in seguito scoprii che l’indirizzo era sbagliato.
“Dato che avevo lavorato duramente per copiare e riscrivere a macchina la letteratura, mi trovavo di fronte a un dilemma. Non potevo semplicemente buttarla via. Così decisi di riportarla in Serbia, dove ne sarebbe stato fatto un buon uso. Comunque, anche se avevo comprato un biglietto
di andata e ritorno, avevo bisogno di un biglietto per raggiungere la stazione. Di solito, una volta consegnata la letteratura, i fratelli che la ricevevano mi davano i soldi per comprare il biglietto. Facevamo in questo modo perché c’era un limite alla quantità di denaro che potevo portare con me nel paese. Mi avvicinai alla biglietteria e pregai di trovare una donna. Proprio nel momento in cui arrivai, l’uomo dietro lo sportello della biglietteria uscì e una donna prese il suo posto. In cambio di un biglietto le offrii i vestiti con cui avevamo avvolto le pubblicazioni. Lei li accettò e io ebbi il mio biglietto”.Agli inizi degli anni ’80 i fratelli traducevano le pubblicazioni in albanese e macedone, per poi inviare le copie manoscritte al piccolo ufficio di Belgrado. Qui Milosija usava una macchina da scrivere e della carta carbone per fare otto copie alla volta. Era un compito difficile, dato che il materiale era manoscritto e lei non aveva familiarità con la lingua.
GIOVANI FRATELLI RIMANGONO SALDI
Anche se ufficialmente godevamo della libertà religiosa, il governo considerava la nostra posizione neutrale una minaccia all’unità della Iugoslavia. Per questo motivo i fratelli incontrarono opposizione. Durante la seconda guerra mondiale molti rimasero fedeli fino alla morte per la loro neutralità. Ma nel trentennio successivo non tutti manifestarono la stessa forte fede. Alcuni frequentavano le adunanze e sostenevano l’opera del Regno; tuttavia, quando furono chiamati per il servizio militare, trovarono il modo per giustificare la loro partecipazione.
I giovani fratelli che rimanevano neutrali rischiavano di scontare pene detentive che arrivavano fino a dieci anni. Inoltre potevano essere condannati più volte prima del compimento del trentesimo anno. Alcuni di quelli
che affrontarono tali prove di integrità e rifiutarono di fare compromessi erano da poco nella verità. Molti di loro sono oggi fratelli maturi che si prendono cura delle congregazioni.UN’ELETTRIZZANTE ASSEMBLEA INTERNAZIONALE
Fino a quel momento i testimoni di Geova della Iugoslavia non avevano mai avuto il piacere di ospitare un’assemblea internazionale. Immaginate la loro emozione quando nel 1991 il Corpo Direttivo annunciò che una delle assemblee internazionali “Amanti della libertà” si sarebbe tenuta a Zagabria.
Comunque c’erano dei problemi. Da quando la Croazia aveva dichiarato la sua indipendenza dalla Iugoslavia, cominciavano a soffiare venti di guerra. Sarebbe stato prudente tenere un’assemblea? La sicurezza dei delegati stranieri e di quelli del paese aveva la priorità. Dopo molte preghiere e attenta riflessione, i fratelli decisero di andare avanti con i preparativi.
Theodore Jaracz, membro del Corpo Direttivo, si recò in Croazia alcune settimane prima dell’assemblea per dare una mano nei preparativi. Dato che a Zagabria tutti gli altri eventi pubblici erano stati cancellati, l’interesse generale era concentrato su quello che doveva aver luogo allo stadio Dinamo. Mentre si avvicinava l’inizio dell’assemblea, la situazione del paese si faceva sempre più instabile. Ogni giorno i fratelli valutavano i rischi e continuavano a farsi la stessa domanda: i preparativi dovrebbero proseguire o l’assemblea dovrebbe essere annullata? I fratelli pregavano Geova di continuo perché desse loro la sua guida. Incredibilmente il clima politico si stabilizzò e i fratelli furono in grado di tenere l’assemblea dal 16 al 18 agosto 1991.
Non poteva esserci contrasto maggiore. Mentre i paesi circostanti si trovavano sull’orlo di violente ostilità, in Croazia i testimoni di Geova stavano accogliendo migliaia di b Mentre molte persone del posto lasciavano il paese, fratelli e sorelle di 15 paesi si riunivano in amore e libertà. Gruppi numerosi arrivarono in aereo da Stati Uniti, Canada e altri paesi occidentali. A motivo della situazione militare, l’aeroporto di Zagabria fu chiuso e gli aerei dovettero atterrare a Lubiana, in Slovenia. Da lì i delegati viaggiarono in autobus fino a Zagabria. Il coraggio dei fratelli che venivano da fuori costituì un’eccellente testimonianza per la popolazione e la loro presenza fu fonte inestimabile di incoraggiamento per i fratelli locali. Il gruppo più folto, circa 3.000 delegati, venne dall’Italia. Era come se il loro caldo affetto e la loro vitalità accendessero l’entusiasmo dell’uditorio. — 1 Tess. 5:19.
ospiti all’assemblea internazionale “Amanti della libertà divina”.Fu particolarmente incoraggiante ospitare cinque membri del Corpo Direttivo. Molti ricordano ancora con piacere i discorsi pronunciati da Carey Barber, Lloyd Barry, Milton Henschel, Theodore Jaracz e Lyman Swingle. Per nulla intimoriti da quel periodo turbolento, questi fratelli con molti anni di esperienza mostrarono coraggio venendo per rafforzare i compagni di fede con discorsi edificanti.
A motivo dell’instabilità politica, le autorità temevano che ci sarebbero stati scontri etnici tra i delegati provenienti da zone diverse della Iugoslavia. Ma i loro timori svanirono quando videro i fratelli che non solo stavano insieme pacificamente ma si mostravano anche un affetto caloroso e fraterno. Ogni giorno che passava, diminuiva il numero dei poliziotti presenti.
Quella memorabile assemblea dimostrò che i testimoni di Geova costituiscono una vera fratellanza internazionale. Riflettere su questo avrebbe aiutato i fratelli a rimanere uniti durante le prove che avrebbero affrontato. Gli autobus
sui quali i delegati di Serbia e Macedonia viaggiavano per tornare a casa furono gli ultimi veicoli a cui fu dato il permesso di attraversare il confine tra Croazia e Serbia. Dopo che i fratelli l’ebbero attraversata senza problemi, la frontiera fu chiusa. Secondo molti fu allora che ebbe inizio la guerra.Nel corso dei mesi e degli anni successivi, le repubbliche che avevano fatto parte della Iugoslavia formarono nazioni indipendenti con un governo proprio. Gli sconvolgimenti che seguirono costarono la vita a decine di migliaia di persone e provocarono indicibili sofferenze. Come se la sarebbero passata i nostri fratelli in quel periodo turbolento? In che modo Geova ha benedetto l’opera di predicazione del Regno in questi paesi che ora sono indipendenti? Vediamo.
Storia recente della Bosnia-Erzegovina
“Il 16 maggio 1992 eravamo in 13 in un appartamento, e ci stringevamo l’uno all’altro mentre a suon di colpi di mortaio Sarajevo veniva crivellata dalle granate. Due granate colpirono l’edificio nel quale ci eravamo rifugiati. Eravamo croati, serbi e bosniaci, appartenevamo quindi agli stessi tre gruppi etnici che si uccidevano là fuori, eppure eravamo uniti nella pura adorazione. All’alba, quando la pioggia di granate diminuì d’intensità, abbandonammo l’appartamento in cerca di un luogo più sicuro. Come la notte precedente, implorammo Geova ad alta voce, ed egli ci ascoltò”. — Halim Curi.
Sarajevo, che contava più di 400.000 abitanti, era nella morsa di uno degli assedi più lunghi ed efferati che la storia moderna ricordi. In che modo i nostri fratelli avrebbero fatto fronte alle lotte etniche e religiose che stavano lacerando il paese? Prima di raccontarvi la loro storia, conosciamo meglio la Bosnia-Erzegovina.
La Bosnia-Erzegovina è situata nel cuore dell’ex Iugoslavia, tra Croazia, Serbia e Montenegro. I legami culturali e familiari sono forti e l’ospitalità è sacra. La gente trascorre volentieri il tempo libero sorseggiando caffè turco da un vicino o intrattenendosi nei kafići, cioè nei bar. Benché non si riscontrino differenze a livello somatico, la popolazione è composta da bosniaci, serbi e croati. Molti non si considerano estremamente devoti, tuttavia è la religione che ha diviso la gente. In prevalenza i bosniaci sono musulmani, i serbi
appartengono alla Chiesa Ortodossa Serba e i croati alla Chiesa Cattolica.Nei primi anni ’90 il preoccupante aumento dell’intolleranza religiosa e dell’odio etnico è sfociato nell’ignobile pratica politica della pulizia etnica. Man mano che avanzavano, gli eserciti cacciavano i civili sia dai piccoli villaggi che dalle grandi città, epurando etnicamente tali zone per poterle destinare al loro gruppo religioso di appartenenza. Questo mise alla prova la neutralità dei fratelli. In Bosnia, come negli altri paesi dell’ex Iugoslavia, la maggior parte delle persone professa la religione dei propri genitori, e spesso il cognome identifica la religione della famiglia. Coloro che, spinti da un cuore sincero, diventano servitori di Geova possono essere considerati traditori della famiglia e della tradizione. Ma i nostri fratelli hanno imparato che la lealtà a Geova è una protezione.
UNA CITTÀ SOTTO ASSEDIO
Come abbiamo visto, i fratelli iugoslavi furono profondamente toccati dall’amore e dall’unità evidenti all’assemblea “Amanti della libertà divina” tenuta a Zagabria nel 1991. Questa indimenticabile assemblea diede loro la forza di affrontare le prove che li attendevano. In un batter d’occhio Sarajevo, dove fino a quel momento bosniaci, serbi e croati erano vissuti insieme in pace, venne accerchiata dall’esercito; tutti si trovarono in trappola, inclusi i fratelli. Anche se la situazione politica era turbolenta, nessuno si immaginava che le ostilità si sarebbero protratte così a lungo.
“Qui si fa la fame”, riferiva Halim Curi, un anziano di Sarajevo. “Ogni mese la gente riceve solo qualche chilo di farina, cento grammi di zucchero e mezzo litro di olio. In ogni fazzoletto di terra della città vengono piantati ortaggi. Le persone abbattono gli alberi per ricavarne legna da ardere. E una volta che gli alberi sono finiti, tolgono il parquet dal pavimento dei loro appartamenti e lo usano come
combustibile per cucinare e riscaldarsi. Per far fuoco si usa di tutto, persino scarpe vecchie”.Quando Sarajevo venne assediata, Ljiljana Ninković e suo marito Nenad si trovarono in trappola, lontani dalle loro due figlie. “Eravamo una famiglia normale: avevamo due figlie, una casa, una macchina”, dice Ljiljana. “Ma all’improvviso tutto cambiò”.
Spesso, però, provarono di persona la protezione di Geova. “Per ben due volte il nostro appartamento fu bombardato un attimo dopo che eravamo usciti di casa”, continua Ljiljana. “Nonostante i problemi, sapevamo rallegrarci delle piccole cose. Per esempio, eravamo contenti di andare al parco a raccogliere un po’ di foglie di dente di leone per farci l’insalata; così non mangiavamo soltanto riso in bianco. Imparammo ad accontentarci di ciò che avevamo e a non dare niente per scontato”.
NECESSITÀ FISICHE E SPIRITUALI DA SODDISFARE
Uno dei problemi più gravi era procurarsi l’acqua. Nelle case l’acqua corrente c’era di rado. Per andare a prenderla bisognava fare anche cinque chilometri a piedi, attraversando zone dove erano appostati i cecchini. Ai punti di approvvigionamento dell’acqua la gente stava per ore in fila in attesa di riempire i propri contenitori; poi doveva arrancare fino a casa con il pesante carico.
“La nostra fede era messa alla prova quando si spargeva la notizia che nelle case sarebbe stata disponibile l’acqua per un periodo di tempo limitato”, racconta Halim. “Tutti ne approfittavano per fare la doccia, il bucato e
raccogliere l’acqua nel maggior numero possibile di contenitori. Ma che fare se quel momento tanto atteso coincideva con l’orario dell’adunanza di congregazione? Ci trovavamo di fronte a una scelta: andare all’adunanza o stare a casa per rifornirci d’acqua?”I fratelli si rendevano conto che, per quanto fosse importante soddisfare le necessità fisiche, soddisfare quelle spirituali era ancora più importante. Alle adunanze i fratelli ricevevano non solo cibo spirituale ma anche notizie su chi era stato messo in prigione, ferito o persino ucciso. “Eravamo come una famiglia”, ricorda Milutin Pajić, un anziano di congregazione. “Quando ci riunivamo per le adunanze, non volevamo andarcene. Spesso dopo le adunanze restavamo per ore a parlare della verità”.
La vita non era facile, e i fratelli spesso temevano per la loro incolumità. Nonostante questo, mettevano gli interessi spirituali al primo posto. Mentre la guerra frammentava il paese, i servitori di Geova si tenevano più stretti l’uno all’altro e al loro Padre celeste. Osservando la lealtà dei genitori, i figli svilupparono a livello personale un’incrollabile lealtà verso Geova.
Bihać, città situata vicino al confine croato, rimase isolata per quasi quattro anni. Chi vi abitava non poteva uscire e gli aiuti non potevano entrare. “All’inizio della guerra fu particolarmente dura”, racconta Osman Šaćirbegović, l’unico fratello di quella città, “non tanto perché la situazione era difficile, quanto perché ci trovavamo di fronte a qualcosa di nuovo, qualcosa che non avevamo mai provato prima. Quando iniziarono i bombardamenti, paradossalmente la tensione si allentò perché in breve tempo capimmo che non tutte le granate facevano vittime. Alcune non esplodevano neanche”.
Dato che nessuno poteva prevedere quanto sarebbero durati i combattimenti, la Betel di Zagabria e quella di Vienna
coordinarono la raccolta di aiuti umanitari in Sale del Regno e abitazioni di Testimoni situate a Sarajevo, Zenica, Tuzla, Mostar, Travnik e Bihać. Con l’infuriare della guerra le città si sarebbero presto trovate circondate e isolate e, con l’improvvisa interruzione delle linee di approvvigionamento, le provviste si sarebbero esaurite rapidamente. Comunque, anche se varie città bosniache vennero tagliate fuori dal resto del mondo, l’unità dei testimoni di Geova non venne infranta. Questo era in netto contrasto con l’inferno causato dall’odio etnico e religioso che divampava nel paese.ZELANTI MA CAUTI
Oltre alle difficoltà che si incontravano nel soddisfare le necessità quotidiane, c’era il pericolo dei cecchini piazzati in tutta Sarajevo, i quali sparavano a caso su cittadini innocenti. I mortai continuavano a far piovere dai cieli granate che causavano morte. A volte era rischioso muoversi all’interno delle città sotto assedio. La gente viveva nel terrore. Eppure, dimostrando sia discernimento che coraggio, i fratelli non smisero di parlare della buona notizia del Regno a chi aveva disperato bisogno di conforto.
“Durante uno degli attacchi più pesanti”, racconta un anziano, “in un solo giorno piovvero su Sarajevo migliaia di granate. Quel sabato mattina i fratelli chiamarono gli anziani e chiesero: ‘Dove si tiene l’adunanza per il servizio di campo?’”
“Vedevo che le persone avevano disperato bisogno della verità”, dice una sorella. “Fu proprio questo che mi aiutò non solo a perseverare ma anche a provare gioia in situazioni difficili”.
Molte persone del posto si resero conto che avevano bisogno della speranza biblica. “Invece di essere noi a cercare le persone”, affermò un fratello, “sono loro che ci cercano per ricevere aiuto spirituale. Si presentano in Sala del Regno e chiedono uno studio”.
Il successo dell’opera di predicazione durante la guerra fu in gran parte dovuto all’unità della fratellanza cristiana, che la gente non poteva fare a meno di notare. “Fu una grande testimonianza”, ricorda Nada Bešker, una sorella che presta servizio come pioniera speciale da molti anni. “Tanti vedevano fratelli bosniaci e serbi insieme nel ministero. E quando videro una sorella croata e una sorella che in precedenza era musulmana studiare con una donna serba, dovettero riconoscere che eravamo diversi”.
I risultati ottenuti grazie allo zelo dei fratelli sono tuttora tangibili, perché molti che oggi servono Geova hanno accettato la verità durante la guerra. Ad esempio, il numero dei componenti della congregazione di Banja Luka raddoppiò anche se un centinaio di proclamatori si erano trasferiti in altre congregazioni.
UNA FAMIGLIA CHE SI È MOSTRATA FEDELE
I fratelli usavano sempre molta cautela. Nonostante questo, alcuni caddero vittima del ‘tempo e dell’avvenimento imprevisto’ perché si trovarono fatalmente nel posto sbagliato al momento sbagliato. (Eccl. 9:11) Božo Ðorem, di origine serba, si era battezzato all’assemblea internazionale tenuta a Zagabria nel 1991. Una volta tornato a Sarajevo fu mandato varie volte in prigione, dove ricevette un trattamento crudele perché si manteneva neutrale. Nel 1994 venne condannato a 14 mesi di detenzione. La prova più dura fu non poter stare al fianco della moglie Hena e della figlia di cinque anni Magdalena.
Poco dopo la sua scarcerazione accadde il peggio. Era un pomeriggio tranquillo e i tre stavano andando a condurre uno studio biblico poco lontano da casa. Durante il tragitto il silenzio fu improvvisamente squarciato dall’esplosione di una granata. Hena e Magdalena morirono all’istante, Božo più tardi in ospedale.
NEUTRALITÀ CRISTIANA
Con l’aumento del pregiudizio, la neutralità era ben poco tollerata. La congregazione di Banja Luka era composta principalmente da giovani fratelli che l’esercito intendeva mandare in guerra. Per la loro neutralità furono picchiati.
“La polizia”, ricorda Osman Šaćirbegović, “ci interrogava spesso e ci definiva codardi perché non difendevamo le nostre famiglie”.
Osman faceva questo ragionamento ai poliziotti: “Per voi la pistola è una protezione, vero?”
“Certo”, rispondevano.
“Per proteggervi meglio, la cambiereste con un cannone?”
“Sì”.
“E cambiereste un cannone con un carro armato?”
“Naturalmente”.
“Tutto questo lo fareste per avere una maggiore protezione”, diceva Osman. “La mia protezione è Geova, l’Iddio onnipotente, il Creatore dell’universo. Potrei avere protezione migliore?” Il concetto era chiaro e la polizia lo lasciava in pace.
ARRIVANO GLI AIUTI UMANITARI
Anche se i fratelli dei paesi vicini sapevano che i Testimoni bosniaci stavano soffrendo, per un certo periodo non fu possibile far arrivare gli aiuti ai fratelli nel bisogno. Poi, nell’ottobre 1993, le autorità fecero sapere che forse c’era la possibilità di far pervenire gli aiuti via terra. Nonostante i pericoli, i fratelli decisero di cogliere al volo l’occasione. Il 26 ottobre cinque camion, carichi di 16 tonnellate di cibo e legna da ardere, lasciarono Vienna alla volta della Bosnia. Come avrebbe fatto il convoglio ad attraversare le numerose zone in cui i combattimenti erano ancora accesi? c
Durante il viaggio ci furono momenti in cui i fratelli si trovarono in grave pericolo. “Quella mattina ero partito tardi”, ricorda uno degli autisti, “e mi ritrovai dietro a molti altri camion che trasportavano aiuti umanitari. Arrivati a uno dei posti di blocco, tutti i camion si fermarono mentre gli ufficiali procedevano al controllo dei documenti. All’improvviso sentii uno sparo e ci accorgemmo che un autista non Testimone era stato colpito da un cecchino”.
Solo agli autisti fu dato il permesso di entrare a Sarajevo con i camion, per cui gli altri fratelli che avevano viaggiato con loro dovettero attendere fuori dalla città. Questi ultimi, determinati comunque a incoraggiare i fratelli locali, trovarono un telefono, si misero in contatto con i proclamatori
di Sarajevo e pronunciarono un discorso pubblico che infuse il coraggio di cui c’era molto bisogno. Durante la guerra sorveglianti viaggianti, beteliti e fratelli del comitato che soprintendeva all’opera nel paese rischiarono varie volte la loro incolumità per aiutare i fratelli a rimanere in vita sia in senso fisico che spirituale.Per quasi quattro anni non fu possibile far pervenire gli aiuti ai fratelli di Bihać. Anche se il cibo materiale non varcava le barricate che isolavano la città, i fratelli riuscirono a ricevere del cibo spirituale. In che modo? Ottennero accesso a una linea telefonica e ad un fax che permettevano loro di ricevere periodicamente Il ministero del Regno e copie della Torre di Guardia. Battevano a macchina le pubblicazioni e ne distribuivano una copia a famiglia. Quando iniziò la guerra c’era solo un piccolo gruppo di tre proclamatori battezzati. I 12 proclamatori non battezzati che erano con loro attesero ansiosamente per due anni un’occasione appropriata per simboleggiare la loro dedicazione a Geova con il battesimo in acqua.
Rimanere isolati per così tanti anni fu una sfida. “Chi studiava la Bibbia con me non aveva mai assistito né a un’assemblea né a una visita del sorvegliante di circoscrizione”, racconta Osman. “Parlavamo spesso del tempo in cui avremmo potuto godere appieno della compagnia dei nostri fratelli”.
Immaginate la gioia dei fratelli quando, l’11 agosto 1995, a Bihać fecero il loro ingresso due veicoli con la scritta a caratteri cubitali “Soccorsi dei testimoni di Geova”. Erano i primi veicoli privati a portare aiuti umanitari da quando la città era stata posta sotto assedio. E arrivarono proprio quando i fratelli pensavano di essere quasi al limite della sopportazione fisica e mentale.
A Bihać i vicini notarono come i fratelli si prendevano cura gli uni degli altri, ad esempio riparando le finestre
rotte. “I miei vicini rimasero colpiti”, dice Osman, “poiché sapevano che non avevamo soldi. Fu una grande testimonianza della quale parlano ancora”. Oggi a Bihać c’è una zelante congregazione di 34 proclamatori e 5 pionieri.UN VIAGGIO MEMORABILE
Più volte i fratelli rischiarono la vita per portare cibo e pubblicazioni nelle città bosniache straziate dalla guerra. Ma il viaggio del 7 giugno 1994 sarebbe stato diverso. Un convoglio di tre camion con a bordo fratelli del comitato che soprintendeva all’opera nel paese e altri volontari partì la mattina presto da Zagabria con l’obiettivo di portare aiuti e presentare un programma abbreviato dell’assemblea speciale di un giorno, la prima dopo tre anni.
Uno dei luoghi prescelti per lo svolgimento di questo programma speciale fu Tuzla. All’inizio della guerra nella congregazione di questa città c’erano solo una ventina di proclamatori battezzati. Fu quindi una sorpresa vedere più di 200 persone riunite per ascoltare il programma dell’assemblea. Trenta di queste si battezzarono. Oggi a Tuzla ci sono tre congregazioni e più di 300 proclamatori.
A Zenica i fratelli trovarono un luogo consono dove radunarsi, ma incontrarono difficoltà nel reperire una piscina adatta per il battesimo. Infine, dopo molte ricerche, recuperarono una tinozza che poteva servire allo scopo. L’unico problema era l’odore: nella tinozza era stato conservato del pesce! I candidati al battesimo, comunque, avendo accettato l’invito di Gesù a diventare Matt. 4:19) Herbert Frenzel, ora membro del Comitato di Filiale della Croazia, pronunciò il discorso del battesimo. “Era così tanto tempo che i candidati aspettavano di battezzarsi”, riferisce, “che niente li avrebbe fermati. Dopo il battesimo si sentirono vittoriosi”. Oggi a Zenica c’è una zelante congregazione di 68 proclamatori.
“pescatori di uomini”, non si lasciarono scoraggiare. (A Sarajevo l’unico luogo in cui si poté tenere il programma si trovava vicino a un incrocio preso di mira dai cecchini. Una volta arrivati sani e salvi all’assemblea, i fratelli affrontarono il problema di trovare non solo un posto per il battesimo ma anche un modo per conservare la preziosa acqua. Per assicurarsi che ci fosse abbastanza acqua per battezzare tutti i candidati, questi furono messi in fila a seconda della corporatura e battezzati dal più minuto al più robusto.
Per i fratelli fu una giornata indimenticabile. Non permisero a nessuna delle atrocità che stavano accadendo intorno a loro di offuscare l’incontenibile gioia di adorare Dio insieme. Oggi a Sarajevo ci sono tre fiorenti congregazioni.
DOPO LA TEMPESTA
Quando furono riaperte le linee di approvvigionamento, la vita dei fratelli per certi aspetti divenne un po’ più facile, anche se continuarono la pulizia etnica e gli sfollamenti forzati. Ivica Arabadžić, che presta servizio come anziano in Croazia, ricorda che fu costretto a lasciare la casa di famiglia a Banja Luka. “Arrivò un uomo armato e ci disse di andarcene, perché ora quella casa gli apparteneva. Poiché era serbo, era stato cacciato da casa sua a Sebenico, in Croazia. Ora lui voleva fare altrettanto con noi. Arrivò in nostro aiuto un poliziotto che aveva studiato con me. Non ci fu possibile tenere la casa, ma riuscimmo a contrattare: casa nostra in cambio della casa del serbo. Fu difficile lasciare la casa e la congregazione che ci aveva aiutato a conoscere la verità, ma non avevamo scelta. Prendemmo pochissime cose
e partimmo per andare nella casa ‘nuova’ in Croazia. Ma, quando arrivammo a Sebenico, scoprimmo che la casa che ora ci apparteneva era già stata occupata. Che fare? Subito i fratelli ci accolsero e un anziano ci ospitò per un anno, finché il problema della casa non fu risolto”.Benché la situazione politica sia ancora instabile, in Bosnia-Erzegovina, dove quasi il 40 per cento della popolazione è di fede musulmana, la verità prospera. Finita la guerra, i fratelli hanno iniziato a costruire nuove Sale del Regno. Una in particolare, situata a Banja Luka, è più che semplicemente un luogo di cui c’era grande bisogno, rappresenta una vittoria legale. Per anni i fratelli avevano cercato di ottenere i permessi per costruire una Sala del Regno in questa zona, dove la Chiesa Ortodossa Serba esercita molta influenza. Dopo la guerra i fratelli in Bosnia avevano ottenuto il riconoscimento giuridico, ma erano stati negati loro i permessi per costruire una Sala del Regno a Banja Luka. Alla fine, dopo molte preghiere e diligenti sforzi, ricevettero i documenti necessari. Questa vittoria stabilì un precedente legale per la costruzione di future Sale del Regno in questa zona della Bosnia-Erzegovina.
La libertà di culto ha dato a 32 pionieri speciali, molti dei quali provengono da altri paesi, la possibilità di dare una mano dove c’è maggiore bisogno. Il loro zelo per il ministero e la loro lealtà nel seguire le procedure teocratiche sono una vera benedizione.
Sarajevo, dove solo fino a pochi anni fa i fratelli erano regolarmente sotto il fuoco dei cecchini, è ora un luogo pacifico che ospita assemblee a cui partecipano delegati provenienti da tutte le zone dell’ex Iugoslavia. Anche se le guerre del XX secolo hanno devastato questo magnifico paese montuoso, l’unità del popolo di Geova è stata cementata dall’“affetto fraterno senza ipocrisia”. (1 Piet. 1:22) Oggi in Bosnia-Erzegovina 1.163 proclamatori riuniti in 16 congregazioni sono uniti nel lodare il vero Dio, Geova.
Storia recente della Croazia
Dopo l’assemblea internazionale tenuta a Zagabria nel 1991, il confine fra Croazia e Serbia venne improvvisamente chiuso. Poiché le strade e i ponti più importanti furono distrutti o barricati dall’esercito, molti fratelli provenienti dalla Croazia orientale non poterono far ritorno a casa. A dimostrazione dell’amore che provavano gli uni per gli altri, molti Testimoni di altre zone del paese, pur avendo poco in senso materiale, offrirono ospitalità a quei fratelli.
A Zagabria le sirene d’allarme suonavano giorno e notte per avvertire degli attacchi aerei, e la gente correva nei rifugi, dove rimaneva anche per settimane o mesi. Per la sua collocazione sicura, l’interrato della Betel fu scelto dalle autorità cittadine come rifugio antiaereo. Questo forniva ai fratelli occasioni d’oro per dare testimonianza, e chi vi si rifugiava riceveva qualcosa in più della protezione fisica. Un giorno, ad esempio, le sirene iniziarono a suonare e, come al solito, la gente che viaggiava su un tram della zona scese velocemente e si rifugiò nell’interrato della Betel. Tutti erano in apprensione, allora un anziano che serve alla Betel chiese se desideravano vedere una proiezione di diapositive sull’assemblea internazionale tenuta a Zagabria pochi mesi prima. Tutti acconsentirono e dopo la proiezione ebbero parole di apprezzamento.
A motivo degli scontri era davvero una sfida andare alle adunanze, e purtroppo alcune Sale del Regno vennero danneggiate da proiettili o granate. Ciò nonostante, i nostri cari fratelli consideravano più che mai prezioso il cibo spirituale e ‘non abbandonarono la loro comune Ebr. 10:25) Ad esempio, la città di Sebenico si trovò per sei mesi sotto una pioggia di granate, che impedì ai fratelli di riunirsi nella Sala del Regno. “Dal momento che vivevamo fuori città”, spiega un anziano, “ci riunivamo a casa mia per lo studio di libro e lo studio Torre di Guardia. Nonostante le difficoltà il nostro impegno nell’opera di predicazione non diminuì. Predicavamo sia localmente che nei villaggi limitrofi. Tutti capivano che eravamo testimoni di Geova; sapevano che eravamo diversi”.
adunanza’. (AMORE FRATERNO IN TEMPO DI GUERRA
Molti fratelli che avevano perso la casa cercarono rifugio da altri fratelli e le congregazioni fecero prontamente tutto il possibile per aiutarli. Per esempio, nella Sala del Regno di Osijek, in Croazia, i fratelli accolsero calorosamente una famiglia che, in circostanze molto difficili, era appena fuggita da Tuzla, in Bosnia. La congregazione fu lieta di sapere che la moglie era una loro sorella spirituale.
Le autorità diedero alla famiglia il permesso di andare ad abitare in una casa che, però, era vecchia e fatiscente. Quando ne videro le condizioni, i fratelli si misero a disposizione per dare un mano: uno portò una cucina economica, un altro una finestra e altri fornirono una porta e un letto; alcuni provvidero materiali da costruzione, mentre altri misero a disposizione cibo e legna da ardere. Il giorno seguente una stanza era già abitabile. La casa tuttavia non era ancora adatta per trascorrervi l’inverno, così la congregazione fece una lista di cose di cui c’era ancora bisogno e diversi proclamatori diedero ciò che potevano. Benché poveri, raccolsero tutto il necessario, dai cucchiai al materiale per il tetto.
Mentre la guerra proseguiva, le scorte di cibo si esaurirono velocemente. La filiale lavorò alacremente per prendersi cura dei bisogni sia materiali che spirituali dei fratelli.
Cooperando con il Corpo Direttivo, organizzò raccolte di cibo, vestiti, scarpe e medicinali. All’inizio furono principalmente i fratelli locali a provvedere gli aiuti ma, trovandosi essi stessi in difficoltà, ciò che potevano fare era limitato. Nel frattempo i fratelli di Austria, Italia, Germania e Svizzera donarono generosamente vestiario, medicinali e letteratura biblica. I camion arrivavano giorno e notte, guidati da volontari preoccupati più delle necessità dei fratelli croati che della loro incolumità. Da Zagabria, dove si trovava il deposito principale, i soccorsi venivano smistati alle congregazioni nel bisogno.I fratelli della Croazia avevano ricevuto aiuto, ma come a loro volta potevano aiutare i fratelli della Bosnia? Alcuni camion con un carico di 16 tonnellate di cibo e legna da ardere si diressero verso il confine bosniaco. Era un viaggio pericoloso, poiché giungevano numerose notizie di operazioni non autorizzate compiute da militari.
Imbattersi in quei gruppi poteva significare perdere il carico di aiuti e persino la vita.“Guidammo in mezzo ai boschi”, racconta un fratello, “superando un posto di blocco dopo l’altro e a volte passando vicino al fronte. Nonostante il pericolo arrivammo sani e salvi a Travnik, in Bosnia. Un soldato, avendo saputo del nostro arrivo, corse nella casa in cui erano radunati i fratelli. ‘Sono arrivati i vostri con i camion!’, gridò. Immaginate la loro gioia. Portammo cibo nella casa e scambiammo qualche parola, poi in fretta dovemmo ripartire. Avevamo ancora altre tappe da fare”.
Molti fratelli scrissero alla Betel di Zagabria esprimendo il loro apprezzamento per l’aiuto ricevuto. “Grazie infinite per il duro lavoro che fate per provvederci regolarmente tutto il cibo spirituale”, scrisse una congregazione. “Grazie anche per gli aiuti: i fratelli ne avevano davvero bisogno. Dal profondo del cuore vi ringraziamo per tutti gli sforzi che fate e per la vostra premura”.
“Diversi fratelli sono dei rifugiati”, diceva un’altra lettera, “e alcuni non hanno alcuna entrata. Quando hanno ricevuto gli aiuti e ne hanno visto la consistenza, i loro occhi si sono riempiti di lacrime. Sono stati toccati e incoraggiati profondamente dalla premura, dalla generosità e dall’altruismo dei loro fratelli”.
Durante questo periodo difficile vennero fatti sforzi speciali per provvedere ai fratelli incoraggiante cibo spirituale. Era anche evidente che lo spirito di Geova li aiutava veramente, non solo a sopportare queste esperienze traumatiche ma anche a diventare spiritualmente più forti. — Giac. 1:2-4.
UN INCORAGGIANTE MESSAGGIO DI SPERANZA
Mentre le organizzazioni umanitarie facevano quello che potevano per provvedere assistenza materiale, solo i
testimoni di Geova fornivano un aiuto che dava sollievo duraturo. Invece di aspettare la fine della guerra con le mani in mano, i nostri fratelli fecero tutto il possibile per portare la buona notizia del Regno ad altri.A Vukovar, vicino al confine serbo, si verificarono alcune delle peggiori devastazioni. Così la maggior parte della popolazione, inclusi i fratelli, fu costretta ad abbandonare la città. Ci fu però una sorella, Marija, che rimase. Per quattro anni i fratelli croati non ebbero alcun contatto con lei. Marija continuò comunque a predicare con zelo alle poche persone rimaste in città. E il suo zelo fu ricompensato in maniera davvero straordinaria. Immaginate la sorpresa dei fratelli croati quando all’assemblea di distretto del 1996 videro che tra i presenti c’era un gruppo di 20 persone provenienti da Vukovar.
Il nostro messaggio di speranza ha anche il potere di trasformare le persone. All’inizio della guerra un giovane soldato aveva fatto una rapida carriera in un corpo scelto dell’esercito croato. Nel 1994, mentre aspettava il treno, ricevette il volantino Chi governa veramente il mondo? Leggendolo con attenzione capì che è Satana il responsabile della violenza perpetrata contro l’uomo, non Geova Dio. Queste verità ebbero un forte impatto su di lui. Uno dei motivi per cui aveva compiuto l’addestramento militare era vendicare la morte della sorella di 19 anni e di altri due familiari, assassinati durante la guerra. Aveva pianificato di recarsi nel villaggio in cui abitavano gli assassini, ma il volantino lo fece riflettere. Iniziò a studiare la Bibbia e, dopo aver impiegato alcuni anni per trasformare la sua personalità, nel 1997 si battezzò. Infine andò nel villaggio in cui vivevano gli assassini dei suoi familiari ma, invece di vendicarsi, fu felice di portare la buona notizia del Regno di Dio a persone che avevano bisogno di imparare cos’è la misericordia di Dio.
In Croazia lo zelo dei proclamatori per il ministero, anche nel periodo peggiore del conflitto, portò a una crescita eccezionale. Dal 1991, anno di inizio della guerra, sino al 1995, anno in cui terminò, il numero dei pionieri aumentò del 132 per cento, quello degli studi biblici del 63 per cento e quello dei proclamatori del 35 per cento. I fratelli locali proclamarono davvero con coraggio la Parola di Dio, e Geova benedisse riccamente i loro sforzi.
PRONTI AL SACRIFICIO
Poco prima dell’assemblea internazionale del 1991 arrivarono Daniel ed Helen Nizan, di origine canadese: erano i primi missionari diplomati a Galaad ad essere inviati nel paese. Inoltre alcune coppie provenienti dall’Europa, che avevano imparato la lingua locale, furono invitate a servire in Croazia.
Tra loro c’erano Heinz ed Elke Polach, dall’Austria, che quando nel 1991 furono invitati in Croazia erano pionieri speciali in Danimarca nel campo iugoslavo. La guerra scoppiò proprio quando avevano iniziato a visitare le congregazioni. La loro prima circoscrizione comprendeva la Dalmazia e parte della Bosnia, tutte zone piagate dalla guerra. “Era difficile visitare i fratelli della Bosnia durante la guerra”, ha detto Heinz. “A causa dei pericoli non potevamo usare il mezzo che avevamo ma dipendevamo da autobus inaffidabili. Potevamo portare con noi solo alcune valigie e la macchina da scrivere.
“Dovevamo avere inventiva. Una volta, nel tratto fra Tuzla e Zenica, i soldati fermarono l’autobus su cui viaggiavamo. Ci dissero che era troppo rischioso proseguire. Tutti dovettero scendere. Sapevamo che i fratelli di Zenica ci stavano aspettando, così cominciammo a cercare un passaggio. Infine un convoglio di camion per il trasporto di gas che aveva i documenti richiesti acconsentì a
portarci. Durante il viaggio usammo il tempo per dare testimonianza all’autista, che si dimostrò molto interessato.“A causa dei combattimenti fummo costretti a fermarci di nuovo e a prendere strade secondarie. Queste erano dissestate e la neve non rendeva la situazione migliore. Spesso dovevamo fermarci per aiutare altri camion rimasti bloccati. Ad un certo punto ci trovammo sotto il fuoco e fummo costretti a scappare. Arrivammo fino a Vareš, a circa 50 chilometri dalla nostra destinazione, e dovemmo fermarci per la notte.
“L’autista dormiva steso sui sedili, mentre io ed Elke ci rannicchiammo nella parte posteriore della cabina cercando di riscaldarci. Mi sembrò la notte più lunga della mia vita. Il giorno dopo, quando finalmente raggiungemmo Zenica, i fratelli erano davvero felici di vederci! Ne era proprio valsa la pena. Anche se non avevano né acqua corrente né elettricità fecero tutto il possibile per ospitarci. Erano materialmente poveri, ma erano ricchi in senso spirituale e mostrarono un incontenibile amore per la verità”.
Dal periodo della guerra sono stati assegnati in Croazia quasi 50 pionieri speciali provenienti da Austria, Germania, Italia e altri paesi. Col tempo l’organizzazione di Geova ha inviato altri missionari per dare ulteriore sostegno e incoraggiamento. Questi zelanti servitori a tempo pieno sono stati di grande aiuto sia nel campo che nelle congregazioni.
“NON RIESCO A CREDERE DI ESSERE VISSUTO FINO A VEDERE QUESTO GIORNO”
Sino alla fine degli anni ’80 veniva tradotta dal tedesco in croato un’edizione mensile della Torre di Guardia grazie a fratelli che vivevano fuori dalla Betel. Poi, a partire
dal 1991, ad occuparsi della traduzione è stato un team di fratelli della Betel. Col tempo il Corpo Direttivo diede l’autorizzazione perché si iniziasse a lavorare alla Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane. Fino ad allora si usava una traduzione biblica vecchia di 150 anni, che aveva un linguaggio arcaico e molte espressioni poco familiari. Il team di traduzione croato ebbe il ruolo principale e collaborò strettamente con il team serbo e quello macedone. Tutti trassero vantaggio dal lavoro e dal contributo gli uni degli altri.Venerdì 23 luglio 1999 è un giorno che sia i testimoni di Geova della Croazia che quelli di Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia e Macedonia ricorderanno a lungo. A tutt’e quattro le assemblee di distretto “La parola profetica di Dio” fu presentata la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane in croato e in serbo, e fu annunciato che la traduzione in macedone era a buon punto. Per diversi minuti ci fu un applauso scrosciante che impedì agli oratori di proseguire. La gioia era incontenibile e molti presenti non riuscivano a trattenere le lacrime. “Non riesco a credere di essere vissuto fino a vedere questo giorno”, disse un fratello che prestava servizio come anziano da molti anni. Nel 2006 fu presentata la Bibbia completa in tutte e tre le lingue.
Fino al 1996 c’era un comitato che, con la supervisione della filiale austriaca, curava le attività dei testimoni di Geova in Croazia e in Bosnia-Erzegovina. Poi quell’anno fu nominato un Comitato di Filiale composto da
quattro membri per soprintendere all’opera di predicazione in questi paesi. È evidente che tale decisione ha avuto la benedizione di Geova.UNA NUOVA BETEL E NUOVE SALE DEL REGNO
Come altrove, anche la famiglia Betel di Zagabria avvertiva gli effetti della crescita teocratica. I membri della famiglia passarono da dieci a una cinquantina. Ma dal momento che la casa Betel era stata concepita per ospitare solo quattro o cinque coppie, fu necessario affittare altre camere nelle vicinanze.
Poco dopo la sua formazione, il Comitato di Filiale, sotto la guida del Corpo Direttivo, acquistò una proprietà per costruire una nuova casa Betel a Zagabria. Volontari locali e servitori internazionali costruirono in breve tempo begli edifici che sarebbero
serviti a promuovere gli interessi del Regno per molti anni. Sabato 23 ottobre 1999 furono dedicati i nuovi edifici della filiale e una Sala del Regno oltre a un complesso di due Sale del Regno, situato nel centro di Zagabria. Erano presenti delegati di 15 paesi, incluso il fratello Gerrit Lösch del Corpo Direttivo, il quale pronunciò il discorso di dedicazione. Il giorno seguente, in un capiente palazzo dello sport, 4.886 presenti ascoltarono un piacevole programma spirituale. Fu davvero un giorno indimenticabile per gli adoratori di Geova della Croazia: tra questi c’era chi serviva fedelmente Geova da 50 o più anni e aveva affrontato alcuni dei periodi più sconvolgenti della storia moderna.È anche in corso un esteso programma per costruire nuove Sale del Regno. Fino al 1990 molte congregazioni si riunivano in seminterrati o in appartamenti privati. Ad esempio una congregazione di Spalato si era radunata per 20 anni in una piccola stanza di una casa privata. I posti a sedere erano solo 50, ma a volte i presenti erano più del doppio e molti erano costretti a stare in piedi fuori. Qui si tenevano assemblee a cui partecipavano 150 persone o più. Oggi a Spalato ci sono quattro congregazioni che utilizzano due belle Sale del Regno. A motivo dell’aumento dei proclamatori, le assemblee si tengono in una sala per conferenze di un hotel. Il Reparto Costruzione Sale del Regno, sotto l’Ufficio Progetti di Zona di Selters, in Germania, continua ad organizzare la costruzione di efficienti e belle Sale del Regno.
Persone di ogni età si sono rese disponibili per costruire Sale del Regno e hanno fatto un’enorme mole di lavoro. Fino ad ora sono state costruite 25 Sale del Regno e altre 7 sono state ristrutturate. Questo ha contribuito alla crescita dell’opera del Regno, tutto alla lode di Geova.
L’OPERA DEL REGNO AVANZA
Quando nel 1991 la Croazia ottenne l’indipendenza, il governo mantenne le precedenti leggi concernenti la religione fino a che non si poterono approvare nuove leggi. Lo Stato di nuova formazione era per quasi il 90 per cento cattolico e quindi il clero aveva una forte influenza sul governo. Tuttavia, a motivo della posizione giuridica di cui i testimoni di Geova avevano goduto nel passato e della loro reputazione encomiabile, il 13 ottobre 2003 il Ministero della Giustizia croato decretò che fossero riconosciuti come confessione religiosa. Dopo tutti quei difficili anni i servitori di Geova furono davvero felici di ottenere il riconoscimento legale.
Agli inizi degli anni ’90 si teneva un’unica Scuola dei Pionieri per tutti i paesi dell’ex Iugoslavia; ora soltanto in Croazia si tengono ogni anno diverse classi. Nel settembre 2008 la Croazia ha avuto ben 5.451 proclamatori organizzati in 69 congregazioni. I presenti alla Commemorazione sono stati 9.728. Un risultato veramente straordinario! Tutto ciò indica l’incredibile potenziale per ulteriore crescita.
Anche se l’intolleranza religiosa è diffusa e le pressioni della vita quotidiana aumentano, i servitori di Geova di questa nazione sono più determinati che mai a continuare a predicare la buona notizia del Regno di Dio, qualunque cosa Satana possa scatenare nella sua ira. (Riv. 12:12) Per la maggioranza delle persone riuscire a guadagnarsi da vivere è diventata la cosa più importante. Tuttavia fra di esse c’è chi sospira per le deplorevoli condizioni morali del mondo e si rende conto di avere fame in senso spirituale. (Ezec. 9:3, 4; Matt. 5:6) Una volta trovate, queste persone vengono aiutate ad adorare il solo vero Dio e a dire: “Venite, e saliamo al monte di Geova, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; ed egli ci istruirà intorno alle sue vie, e noi certamente cammineremo nei suoi sentieri”. — Isa. 2:3.
Storia recente della Macedonia
“Passa in Macedonia e aiutaci”, disse l’uomo che nel I secolo apparve in visione all’apostolo Paolo. (Atti 16:8-10) Giunti alla conclusione che Dio stava comandando loro di dichiarare la buona notizia del Regno di Dio in quel territorio vergine, Paolo e i suoi compagni di predicazione accettarono di buon grado l’invito, e presto il cristianesimo si diffuse in quelle zone. In che modo nell’attuale Macedonia, regione che rispetto all’antica Macedonia è meno estesa e situata più a nord, c’è stata una simile crescita per quanto riguarda la vera adorazione?
Dopo la seconda guerra mondiale, la Macedonia divenne la più meridionale delle repubbliche iugoslave. Ottenne l’indipendenza nel 1991. Due anni più tardi, nel 1993, i testimoni di Geova furono felici di essere riconosciuti legalmente da quello stato di recente formazione. Grazie a ciò in Macedonia fu aperto un ufficio che dipendeva dal Comitato di Filiale dell’Austria. Quindi, nello stesso anno, fu acquistata una casa che servisse da Betel in via Alžirska, a Skopje, dove si trasferì il team di traduzione in lingua macedone che prima si trovava a Zagabria.
Michael e Dina Schieben arrivarono dalla Germania per servire nella circoscrizione; furono mandati in Macedonia anche Daniel e Helen Nizan, originari del Canada, che stavano servendo in Serbia. Fu formato un comitato per soprintendere all’opera nel paese, ed ebbe inizio l’attività della Betel.
LIMITI ALL’IMPORTAZIONE DI LETTERATURA
Anche se i testimoni di Geova erano legalmente riconosciuti, era difficile importare letteratura. Dal 1994 al 1998 il governo stabilì che non venisse importata più di una rivista per proclamatore. Di conseguenza i fratelli dovevano fare delle copie degli articoli di studio della Torre di Guardia per quelli che studiavano la Bibbia con loro. Inoltre, i fratelli riuscivano a ottenere riviste per posta da altri paesi, e chi visitava la Macedonia poteva portarne piccole quantità. Alla fine, in seguito a procedimenti legali che durarono anni, la corte suprema si pronunciò in favore dei Testimoni, ai quali fu permesso di importare tutta la letteratura che volevano.
Nell’agosto del 2000 il numero dei proclamatori arrivò a 1.024: per la prima volta erano in più di 1.000 a fare rapporto della loro opera di predicazione! A motivo del fatto che c’era una maggiore quantità di letteratura disponibile in macedone e dato l’aumento dei proclamatori, la casa di via Alžirska diventò troppo piccola per le esigenze della famiglia Betel che cresceva. L’anno seguente furono acquistate e demolite tre piccole case vicine per fare spazio a due nuovi edifici. Oggi la famiglia Betel della Macedonia, che conta 34 membri, lavora e vive in tre funzionali edifici. Il 17 maggio 2003 la famiglia è stata felice di ospitare per la dedicazione Guy Pierce, membro del Corpo Direttivo.
COSTRUZIONE DI SALE DEL REGNO
Fratelli e sorelle di tutta la Macedonia sono stati molto riconoscenti per il programma concepito per aiutare a costruire Sale del Regno in paesi con risorse limitate. Fu inviata una squadra composta da cinque fratelli per aiutare le congregazioni locali a costruire Sale del Regno: tra il 2001 e il 2007 ne sono state costruite nove. Questa squadra internazionale ha dato un’eccellente testimonianza lavorando
in pace e unità senza alcun pregiudizio etnico. Un commerciante che visitò una Sala del Regno notò l’eccellente qualità del lavoro e disse: “È stato l’amore a rendere possibile la costruzione di quest’edificio”.Mentre la squadra costruiva una nuova Sala del Regno nella città di Štip, un vicino dubitava che il progetto sarebbe stato realizzato con successo a motivo del fatto che la giovane squadra di costruttori sembrava inesperta. Tuttavia, alla fine dei lavori, l’uomo portò i progetti della sua casa ai giovani fratelli e li implorò di costruirgliela. Era rimasto così colpito dalla qualità del lavoro che si offrì di pagarli profumatamente. Fu sorpreso quando i fratelli gli dissero che non stavano costruendo la Sala del Regno in cambio di un guadagno, ma lo stavano facendo spinti dal loro amore per Dio e per il prossimo.
LA TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO
Nel frattempo un altro piccolo gruppo di uomini e donne dedicati era impegnato in un lavoro diverso: la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture in macedone. Il loro duro lavoro fu benedetto da Geova, e nel giro di soli cinque anni tradussero l’intera Traduzione del Nuovo Mondo. Per i presenti all’assemblea di distretto “La liberazione è vicina!”, tenuta nel 2006 a Skopje, fu un momento particolarmente felice quello in cui Gerrit Lösch, membro del Corpo Direttivo, presentò quell’eccellente traduzione della Bibbia. Ci furono applausi scroscianti e prolungati, e molti non riuscirono a trattenere le lacrime. Non appena ne ricevettero una copia durante l’intervallo per il pranzo, alcuni si sedettero per cominciare a leggere quell’eccezionale traduzione della Parola di Dio nella loro madrelingua.
Molti macedoni hanno profondo rispetto per la Bibbia. Orhan, ad esempio, cominciò a studiare la Bibbia sei anni fa. Anche se era analfabeta, imparò a leggere e scrivere con
l’aiuto del fratello che gli faceva lo studio. Da quando si è battezzato, tre anni fa, ha letto la Bibbia ben sei volte.Per un po’ di tempo Orhan è stato l’unico Testimone della città di Resen. Molti parlavano bene di quell’uomo che un tempo era analfabeta e alcuni genitori chiedevano ai fratelli di studiare con i loro figli, perché volevano che diventassero come Orhan. L’interesse per la verità crebbe e alla fine fu stabilito uno studio di libro di congregazione settimanale. Un interessato diventò un proclamatore non battezzato; oggi Orhan serve come pioniere regolare e servitore di ministero.
“PASSA IN MACEDONIA”
Nel luglio del 2004 una coppia di pionieri speciali venne dall’Albania per dare una mano a predicare alle persone di lingua albanese della Macedonia, le quali costituiscono il 25 per cento della popolazione. Si capì subito che i due avevano bisogno di aiuto, dato che erano gli unici proclamatori su oltre mezzo milione di persone di lingua albanese. Perciò un anno dopo fu mandata un’altra coppia dall’Albania; i quattro pionieri speciali cominciarono ad incoraggiare il piccolo gruppo di sette interessati della città di Kičevo, situata al centro della comunità albanese della Macedonia. La primavera seguente quel piccolo gruppo fu felice perché i presenti al discorso della Commemorazione, pronunciato sia in albanese che in macedone, furono 61. Da allora il gruppo è cresciuto fino a contare 17 zelanti proclamatori, con una media di 30 o più presenti alle adunanze.
Perché si potesse coprire tutto il territorio della Macedonia, il Corpo Direttivo approvò una campagna speciale dall’aprile al luglio del 2007. Lo scopo era quello di predicare in territori vergini e diffondere la buona notizia tra la popolazione di lingua albanese.
Mossi da grande entusiasmo, 337 fratelli e sorelle di sette paesi si sono offerti di dare una mano. I risultati? La buona notizia è stata predicata in oltre 200 zone della Macedonia abitate da oltre 400.000 persone, la maggior parte delle quali ascoltava il messaggio per la prima volta. Durante i quattro mesi della campagna sono stati distribuiti oltre 25.000 libri e opuscoli e ben più di 40.000 riviste. Sono state dedicate 25.000 ore al ministero e sono stati iniziati oltre 200 studi biblici.
“Gli occhi di alcuni si riempivano di lacrime quando sentivano da dove eravamo venuti e perché”, racconta un fratello. “Altri si commuovevano per quello che leggevano nella Parola di Dio”.
Le espressioni di profonda gratitudine da parte di coloro che hanno partecipato alla campagna sono state molte. Una sorella ha scritto: “Un’insegnante ci ha detto: ‘Dio vi benedica. Quello che state facendo è fantastico. Trovo davvero edificanti le cose che dite!’”
“È difficile lasciare questo territorio missionario”, ha detto un proclamatore. “Ci siamo resi conto di quanto la gente abbia bisogno della verità e ci è dispiaciuto dire addio alle persone con cui studiavamo la Bibbia quando siamo dovuti partire”.
“Ci dispiace di non aver preso più giorni di vacanza”, ha detto una coppia, “perché ora capiamo quanto sia grande il bisogno”.
Riassumendo le sensazioni provate da molti, un proclamatore ha detto: “Io e la mia famiglia non siamo mai stati così felici”.
Sulle montagne vicine alla città di Tetovo, un gruppo di proclamatori si è recato in un villaggio in cui nessuno aveva mai predicato. Due hanno iniziato a predicare sul lato sinistro di una strada e due sul lato destro. Dopo sole tre case, in tutta la strada si sapeva già dell’arrivo dei testimoni di Geova. Presto la notizia si è diffusa in tutto il villaggio e un folto gruppo di donne interessate si è radunato intorno alle sorelle. Più avanti sulla stessa strada c’era un gruppo di 16 uomini che aspettava con impazienza i fratelli. I padroni di casa hanno tirato fuori quattro sedie per i proclamatori e un uomo ha preparato il caffè. I proclamatori hanno distribuito a tutti della letteratura e, usando la Bibbia in modo efficace, hanno cominciato a parlare della verità a quel gruppo di persone.
Diversi hanno fatto domande e tutti hanno ascoltato attentamente. Alla fine molti abitanti del villaggio non volevano andar via senza salutare i fratelli di persona. Questi si sono allarmati però quando una donna anziana si è avvicinata loro sollevando il suo bastone da passeggio. “Ora ve le suono!”, ha esclamato puntando il bastone contro di loro. Cosa avevano fatto di così grave i proclamatori? “Avete dato un libro a tutti, ma a me no!”, ha spiegato. “Voglio quello grande e giallo”, ha detto indicando il libro Racconti biblici
che era stato lasciato al suo vicino. Senza farla aspettare, i fratelli le hanno fatto avere l’ultima copia a loro disposizione.SI PREDICA AI ROM
In Macedonia ci sono molti rom che parlano macedone, per quanto la loro madrelingua, esclusivamente orale, sia una mescolanza di diversi dialetti della lingua romani. A quanto si dice nella capitale, Skopje, c’è il più grande quartiere rom di tutta l’Europa, con circa 30.000 abitanti. Nella zona di Šuto Orizari c’è un complesso di due Sale del Regno utilizzato da tre congregazioni di lingua romani. I 200 proclamatori predicano in un territorio produttivo che presenta una proporzione di 1 proclamatore su 150 abitanti, una delle migliori di tutto il paese. Il numero dei presenti alla Commemorazione del 2008, ben 708, è sintomatico dell’apprezzamento mostrato dai rom.
Cosa si sta facendo perché rom umili e in cerca della verità conoscano il proposito di Dio nella loro madrelingua? Lo schema del discorso speciale del 2007 è stato tradotto in lingua romani e il discorso è stato pronunciato da un anziano di origine rom di fronte ad un uditorio attento di 506 persone. Proclamatori di etnie diverse (rom, macedoni e albanesi) sono stati entusiasti quando all’assemblea di distretto del 2007 è stato presentato l’opuscolo Cosa richiede Dio da noi? in lingua romani. Fino a quel momento i proclamatori spesso conducevano studi biblici nella loro lingua servendosi di letteratura in macedone. Ora ottengono ottimi risultati e toccano il cuore di rom sinceri usando l’opuscolo Cosa richiede Dio in romani.
Oggi i 1.277 proclamatori delle 21 congregazioni della Macedonia si stanno impegnando molto per seguire l’esempio che l’apostolo Paolo lasciò nel I secolo. L’apprezzamento mostrato da tanti macedoni in cerca della verità è un’ottima ragione a sostegno dell’odierna campagna che invita a ‘passare in Macedonia’.
Storia recente della Serbia
La Serbia, situata nel cuore della penisola balcanica, è un crogiolo di culture diverse ed è una terra che ospita persone di molte nazionalità. Fu qui, nella città di Belgrado, che nel 1935 fu aperta una filiale per curare le zone che facevano parte del territorio dell’allora Iugoslavia: il risultato fu un eccezionale sviluppo della teocrazia. In tempi recenti come hanno fatto i fratelli della Serbia a dare aiuto ai nuovi paesi che si sono formati in questa regione?
Mentre venivano chiuse le frontiere e si diffondeva l’odio religioso e razziale, fratelli di nazionalità diverse lavoravano insieme in pace presso l’ufficio di Zagabria. Alla fine, però, a motivo del pregiudizio razziale e del nazionalismo che dilagavano fuori dalla Betel, i fratelli serbi furono costretti ad andare via. Nel 1992 le pubblicazioni in serbo tornarono ad essere tradotte a Belgrado, come accadeva quasi 50 anni prima. Questo trasferimento si rivelò saggio e fu fatto proprio al momento giusto.
In Bosnia, dove erano in corso aspri combattimenti, c’era un grande bisogno di aiuti umanitari. La filiale dell’Austria organizzò amorevolmente l’invio di soccorsi, e i fratelli della Serbia si trovavano nella posizione ideale per farli giungere nelle zone della Bosnia sotto il controllo dei serbi.
Anche se i combattimenti non interessavano direttamente la Serbia, gli effetti della guerra si sentivano anche qui. L’embargo ostacolava l’arrivo della letteratura dalla Germania, dove veniva stampata. Quando le congregazioni non ricevevano gli ultimi numeri delle riviste, i fratelli studiavano gli articoli più vecchi finché non arrivavano i
numeri più recenti. Nonostante ciò, i fratelli non persero nessun numero delle riviste.“UN AIUTO RAFFORZANTE”
“Al nostro arrivo in Serbia nel 1991”, ha detto Daniel Nizan, diplomato di Galaad, “il paese era in preda al caos politico. Fummo colpiti dallo zelo che i fratelli mostravano nonostante la situazione fosse critica. Mi ricordo che, alla prima assemblea speciale di un giorno a cui assistemmo io e mia moglie, fummo sorpresi di vedere circa 50 nuovi alzarsi in piedi per il battesimo. La cosa ci incoraggiò molto”.
I Nizan diedero un grande contributo alla realizzazione del nuovo ufficio di Belgrado. Il precedente ufficio, sufficiente per dieci persone, si trovava in via Milorada Mitrovića. Al piano inferiore c’era anche una Sala del Regno. Man mano che aumentavano i membri del team di traduzione, c’era bisogno di più spazio. Infine fu trovata una proprietà e si cominciarono i lavori di costruzione di nuovi edifici, dove la famiglia Betel si trasferì verso la fine del 1995.
Dato che i tempi si facevano sempre più difficili, un maggior numero di persone accettava la verità e, mentre Col. 4:11.
il numero dei proclamatori cresceva, cresceva anche il bisogno di amorevole sorveglianza. Questo bisogno fu in parte soddisfatto da pionieri speciali provenienti dall’Italia, ministri a tempo pieno dinamici e pronti al sacrificio che si spesero senza riserve. Per quanto in un clima di guerra fosse difficile imparare una nuova lingua e adattarsi ad una cultura diversa, quei pionieri si dimostrarono “un aiuto rafforzante” per i nostri fratelli della Serbia. —I pionieri arrivati da altri paesi diedero aiuto in molti modi, ma la cosa più importante fu che “portarono con sé esperienza in campo teocratico”, ha detto Rainer Scholz, coordinatore del comitato che soprintende all’opera nel paese. Oggi in Serbia ci sono 55 congregazioni che sono grate per l’aiuto dato loro da 70 pionieri speciali.
GLI EFFETTI PENOSI DELL’IPERINFLAZIONE
La Serbia non ha potuto evitare i penosi effetti che la guerra ha avuto sull’economia, in particolare l’inflazione galoppante. “Durante i 116 giorni intercorsi tra l’ottobre del 1993 e il 24 gennaio del 1994”, riferisce una fonte, “l’inflazione cumulativa fu di 500 trilioni per cento”. Mira Blagojević, che lavora alla Betel dal 1982, ricorda che quando andava al mercato doveva portare con sé una borsa piena di soldi per comprare solo un po’ di verdura.
Un’altra sorella, Gordana Siriški, racconta che alla madre la pensione bastava solo per comperare un rotolo di carta igienica. “È difficile capire come abbiano fatto le persone a sopravvivere quando tutto quello che possedevano perse improvvisamente il suo valore”, ha detto Gordana. “Grazie alla nostra fratellanza mondiale, abbiamo ricevuto soccorsi dall’estero. Mentre la gente perdeva la fiducia nelle banche e nel governo, molti acquistavano fiducia in Dio e i fratelli diventavano più uniti”.
LA TRADUZIONE DELLA BIBBIA
Per anni i membri dei team di traduzione della Iugoslavia hanno lavorato nella stessa struttura a Zagabria. Dopo la guerra ciascun team è tornato nel proprio paese, pur mantenendo i contatti con i traduttori di Zagabria. La cosa si rivelò particolarmente utile quando il team serbo cominciò a lavorare alla Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane. L’obiettivo era quello di presentarla all’assemblea di distretto dei testimoni di Geova che si sarebbe tenuta nel 1999.
Comunque, mentre i traduttori completavano la traduzione della Bibbia, il paese si stava preparando alla guerra. A motivo dei bombardamenti non si sarebbe potuto fare affidamento sulle comunicazioni telefoniche, e per questo i traduttori avrebbero trovato difficile spedire il materiale da Belgrado alla tipografia della Germania. Martedì 23 marzo, sotto la minaccia di attacchi aerei, i fratelli lavorarono tutta la notte, e la mattina presto riuscirono ad inviare i file elettronici in Germania. Poche ore dopo iniziarono i bombardamenti e i traduttori corsero in un rifugio. Ce l’avevano fatta! E furono particolarmente felici quando quattro mesi dopo fu presentata la Bibbia all’assemblea di distretto di Belgrado. Durante i bombardamenti e i ripetuti black-out i fratelli continuarono a tradurre altre pubblicazioni. Spesso, però, dovevano fermarsi e correre in una zona sicura. Fu davvero un periodo snervante per loro, ma erano felici di contribuire alla produzione di indispensabile cibo spirituale.
Dopo tante fatiche e con la benedizione di Geova, nel luglio del 1999 fu presentata la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane in serbo. Nel ricevere questa traduzione nella loro lingua i presenti provarono una gioia e una gratitudine indescrivibili. In seguito, alle assemblee di distretto del 2006, è stata presentata l’intera Traduzione
del Nuovo Mondo in serbo, sia in caratteri cirillici che in caratteri latini.AUMENTA L’OPPOSIZIONE RELIGIOSA
Dato che la Chiesa Ortodossa Serba è la religione principale del paese, per molte persone essere serbi equivale ad essere ortodossi: per loro non si è serbi se non si appartiene alla Chiesa Ortodossa. Ciò nonostante, nel corso degli anni ’90 il nostro messaggio di speranza basato sulla Bibbia è stato accettato da molti. Alla fine della guerra, nel 1999, il numero dei proclamatori era quasi raddoppiato raggiungendo il massimo di 4.026.
Quella prosperità spirituale scatenò la furia della Chiesa Ortodossa contro il popolo di Geova. Infiammando lo spirito nazionalistico, la chiesa cercò di fermare la nostra opera di predicazione cristiana. Con atti violenti e manipolando la legge, gli oppositori tentarono di demoralizzare i fratelli. Ad esempio, a motivo della loro posizione neutrale, in prigione c’erano ancora 21 nostri fratelli. Molti di loro furono rilasciati poco dopo la fine della guerra, grati che Geova avesse rafforzato la loro fede in quel periodo terribile.
All’improvviso, il 9 aprile 2001, il Ministero Federale degli Interni proibì l’importazione della nostra letteratura. Per quale ragione? Sosteneva che le nostre pubblicazioni avessero un impatto negativo sui giovani del paese. Nell’elenco delle pubblicazioni proibite c’era anche la Bibbia.
Dato che televisione e quotidiani presentavano la nostra opera in modo negativo, a volte alcuni padroni di casa diventavano violenti. “Quando predicavamo di casa in casa ci prendevano a pugni o a schiaffi”, ha detto un pioniere speciale, e “talvolta ci lanciarono contro delle pietre”. Inoltre alcune Sale del Regno subirono atti di vandalismo. Oggi i nostri fratelli della Serbia possono riunirsi legalmente, per quanto debbano essere prudenti.
I fratelli continuano a predicare con zelo. Dimostrano che i servitori di Geova non hanno pregiudizi e manifestano vero amore cristiano. In anni recenti sono state organizzate campagne di predicazione che hanno avuto buoni risultati: fratelli provenienti da altri paesi dell’Europa hanno usato i loro giorni di vacanza per dare una mano a predicare in territori non assegnati in Serbia e in Montenegro. Comunque, c’è ancora molto lavoro da fare per contattare i quasi tre milioni di persone che vivono in queste zone.
Oggi la Betel di Belgrado si trova in un complesso di tre edifici immersi nel verde. Qui un comitato di tre fratelli soprintende all’opera in Serbia e in Montenegro. Grazie al fatto che Geova ha benedetto il suo popolo in questa regione che è stata tormentata dalla guerra, oggi pensando alla Serbia possono venire in mente lo zelo e la determinazione dei testimoni di Geova.
Storia recente del Kosovo
Le tensioni che c’erano state in Kosovo durante gli anni ’80 tra la comunità serba e quella albanese sfociarono in un vero e proprio conflitto negli anni ’90, causando molta sofferenza. La situazione ha permesso ai nostri fratelli di dimostrare “affetto fraterno senza ipocrisia” ai loro compagni di fede di tutte le etnie. (1 Piet. 1:22) Inoltre hanno ubbidito al comando dato da Cristo: “Continuate ad amare i vostri nemici e a pregare per quelli che vi perseguitano”. (Matt. 5:43-48) Ma a volte non è stato per niente facile.
“I fratelli che in precedenza erano musulmani non sempre vengono accolti bene dai musulmani praticanti”, spiega Saliu Abazi, ex musulmano che parla albanese, “e i nostri familiari pensano, anche se non è così, che li abbiamo abbandonati poiché abbiamo scelto una nuova religione. Inoltre, a causa delle tensioni etniche tra albanesi e serbi, per gli ex musulmani non sempre è facile predicare ai serbi”.
Nonostante tutto un gruppo multietnico composto da 30 persone si riuniva in casa di Saliu. “In quegli anni”, ricorda Saliu, “le adunanze si tenevano in serbo e ricevevamo la letteratura da Belgrado. Un giorno la polizia piombò a casa mia. I fratelli di Belgrado avevano appena consegnato la letteratura ed erano rimasti in nostra compagnia. Quando dissi che quelli erano miei fratelli, gli agenti di polizia non riuscivano a comprendere come serbi e albanesi potessero essere fratelli”. Nel 1998 quel gruppo di proclamatori prese in affitto un
locale a Priština, la città più grande del Kosovo, per farne una Sala del Regno.Nella primavera del 1999, il nazionalismo e le tensioni etniche si intensificarono in modo allarmante. “Il mio vicino mi minacciò dicendo che la nostra casa sarebbe stata bruciata se io e mio figlio non avessimo preso parte alla guerra”, racconta Saliu. “Il clima politico ebbe un pessimo effetto sulla gente. Dato che la sovranità del precedente governo serbo non veniva riconosciuta, non era possibile far rispettare le leggi; così la gente diventò violenta e faceva tutto quello che voleva”.
Man mano che il clima politico peggiorava, per i serbi che vivevano in Kosovo la situazione si faceva sempre più difficile. Durante il conflitto del 1999, migliaia di serbi e albanesi furono costretti a rifugiarsi in paesi vicini. Tuttavia, durante quei violenti scontri etnici, Saliu rischiò la vita facendo rifugiare i fratelli serbi in casa sua.
PLASMATI DAL MODO DI PENSARE DI GEOVA
“L’odio tra i serbi e gli albanesi era profondo”, ha detto una sorella. “Ci veniva inculcato sin da bambini. Anche dopo aver conosciuto la verità, non è facile eliminare questi sentimenti. Molti di noi dovettero fare cambiamenti enormi per acquisire il modo di pensare di Geova. A motivo di quell’odio, persino mentre imparavo che Geova è amore, tendevo ad evitare una sorella della Col. 3:7-11; Ebr. 4:12.
congregazione solo perché era serba. Man mano che continuavo a studiare, però, capivo che, mentre gli insegnamenti di altre religioni dividono, la verità della Parola di Geova unisce”. Questa sorella ha rivestito la nuova personalità cristiana grazie al potere che la Parola di Dio ha di trasformare le persone? “Oggi”, racconta, “sono felice di servire insieme alle mie sorelle e ai miei fratelli serbi nella stessa congregazione”. —La vera unità cristiana spicca in questo mondo religiosamente diviso. Mentre il nazionalismo spingeva la gente ad incendiare case e lanciare bombe a mano, i nostri fratelli erano in viaggio per recarsi a Belgrado all’assemblea del luglio 1998. Sullo stesso autobus c’erano albanesi, croati, macedoni e rom che viaggiavano insieme pacificamente. Dashurie Gashi, che a quell’assemblea si sarebbe battezzata, racconta: “Quando i soldati fermarono l’autobus, sul loro volto si leggeva la meraviglia. In mezzo a tutte quelle tensioni etniche, noi eravamo un popolo unito, il popolo di Geova”.
Una giovane donna di origine rom conobbe la verità da bambina grazie alle zie che vivevano all’estero. Il primo ostacolo che dovette superare fu l’analfabetismo. Spinta dall’amore per Geova, imparò a leggere e a scrivere durante i tre anni in cui studiò la Bibbia. Il secondo ostacolo fu il nonno, con il quale viveva. “Sgusciavo fuori di casa per andare alle adunanze”, dice. Ma quando tornava, il nonno la picchiava. “Soffrivo fisicamente per la verità”, racconta, “ma non mi arrendevo. Riflettevo su quanto dovette soffrire il fedele Giobbe. Amavo profondamente Geova ed ero decisa a non smettere di studiare”. Oggi è pioniera e studia la Bibbia con due ragazze analfabete. Anche se non è mai andata a scuola, è grata per il modo in cui la Scuola di Ministero Teocratico l’ha preparata per insegnare ad altri.
Adem Grajçevci, che era musulmano, conobbe la verità in Germania nel 1993. Poi, nel 1999, tornò in Kosovo e, come molti altri nuovi Testimoni, dovette superare il pregiudizio e l’opposizione dei familiari. “Nel periodo in cui studiavo per conoscere la verità”, ricorda Adem, “mi fu molto utile apprendere che il governante del mondo è Satana e che dietro tutte le atrocità che vengono commesse c’è lui”. Il padre di Adem non era contento della nuova fede cristiana del figlio e gli disse di scegliere tra Geova e la famiglia. Adem scelse Geova e continuò a fare progresso spirituale; oggi è un anziano cristiano. Nel corso degli anni, comunque, il padre è diventato meno ostile e oggi mostra più rispetto per la scelta del figlio.
Da bambino il figlio di Adem, Adnan, non si interessava affatto di religione. Era completamente preso dalle arti marziali e gli avversari lo avevano soprannominato Killer. Ma, quando la verità gli toccò il cuore, lasciò tutto. Fece un buon progresso e si battezzò. “Non molto tempo dopo il battesimo dovetti fare una scelta”, ha detto. “Avevo un buon lavoro e me la passavo bene, ma non stavo altrettanto bene spiritualmente e avevo poco tempo per il ministero. Decisi che era tempo di cambiare e così lasciai il lavoro”. Cominciò a fare il pioniere, fu nominato servitore di ministero e in seguito fu invitato a frequentare la prima classe della Scuola di Addestramento per il Ministero tenuta in Albania. Ora è anziano, e lui e la moglie Hedije servono come pionieri speciali. Cosa pensa della sua scelta? “Non potrei essere più felice”, dice. “Non ho rimpianti per aver scelto il servizio a tempo pieno”.
ADORANO DIO INSIEME
Oggi tutte e sei le congregazioni che ci sono in Kosovo usano dei locali in affitto come Sale del Regno. Alcune congregazioni sono piccole, come quella di Peć che ha
28 proclamatori. Ci sono congregazioni in cui il discorso pubblico non si può tenere tutte le settimane perché i fratelli nominati sono pochissimi. Ciò nonostante, i fratelli e le sorelle di queste congregazioni, come quelli di Peć, si radunano fedelmente ogni settimana per lo studio Torre di Guardia e le altre adunanze.Per anni il comitato che soprintende all’opera in Serbia si è preso cura amorevolmente dei fratelli del Kosovo in periodi di enorme difficoltà. Ma nel 2000, per far fronte alle nuove necessità dei fratelli, il Corpo Direttivo ha disposto che fosse la filiale dell’Albania a curare l’opera di predicazione in Kosovo.
Fino a poco tempo fa la maggior parte dei testimoni di Geova del Kosovo era serba, pertanto le adunanze si tenevano in serbo e i fratelli erano felici di aiutare chi parla albanese a seguire ciò che veniva detto. Ora la situazione si è capovolta: la maggioranza dei fratelli è albanese. Fatta eccezione per una congregazione di lingua serba, le adunanze si tengono in albanese e i fratelli sono lieti di tradurre i discorsi perché i fratelli serbi possano seguire. Le assemblee vengono tenute in entrambe le lingue. Per esempio l’intero programma dell’assemblea di distretto del 2008 è stato presentato in albanese e tradotto in serbo, mentre i discorsi principali sono stati pronunciati in serbo da anziani kosovari. Un fratello spiega: “Nonostante l’odio che c’è fuori, nella sala siamo un’unica famiglia”.
Anche se sono in prevalenza musulmani, i kosovari rispettano la Bibbia, e molti parlano volentieri di religione. I fratelli del Kosovo sono stati molto contenti del massimo di 164 proclamatori registrato nel 2008. Confidano pienamente in Geova e sono determinati a continuare a coprire il loro territorio con grande impegno, portando la buona notizia a persone di ogni nazionalità.
Storia recente del Montenegro
Questo piccolo e delizioso paese sulla costa adriatica è una perla nascosta del Mediterraneo. Situato tra Albania, Kosovo, Serbia e Bosnia-Erzegovina, il Montenegro è una terra di sorprendenti diversità e paesaggi mozzafiato. Il paese presenta una magnifica fascia costiera lunga circa 300 chilometri che si affaccia sull’Adriatico. Il canyon del fiume Tara è uno dei più lunghi e profondi d’Europa. Il lago di Scutari è il più grande dei Balcani e ospita una delle più grandi riserve naturali di uccelli d’Europa. E tutto questo su una superficie che è solo un terzo di quella della Svizzera!
La storia del paese, tuttavia, è segnata da guerre, lotte e sofferenze. Queste vicissitudini hanno influito profondamente sulla tradizione, sulla mentalità e sulla cultura del popolo montenegrino. La loro cultura attribuisce grande valore a qualità come coraggio, onore, umiltà, altruismo e rispetto per gli altri. Molti tra i tenaci montenegrini hanno accettato la buona notizia del Regno e stanno difendendo lealmente la verità della Bibbia.
I PROGRESSI DELL’OPERA
Nessuno dei presenti alla memorabile assemblea tenuta a Zagabria nel 1991 dimenticherà mai l’unità e l’amore che c’erano tra i fratelli provenienti da ogni parte dell’ex Iugoslavia. “Lo scoppio della guerra era nell’aria e viaggiare dal Montenegro alla Croazia era pericoloso”, ricorda Savo Čeprnjić, che da poco aveva cominciato a studiare la Bibbia. “Ero sorpreso di vedere così tanti autobus arrivare all’assemblea senza problemi. Ed era ancora più sbalorditivo
vedere la pace e l’unità che c’erano tra i Testimoni. Il primo giorno vennero centinaia di poliziotti, ma, dopo essersi resi conto che eravamo pacifici, il giorno seguente se ne presentarono solo pochi”.Prima che iniziasse la guerra, una coppia andava regolarmente dalla Croazia al Montenegro per fare lo studio a Savo. Ma, una volta chiuse le frontiere, come avrebbe fatto Savo a continuare lo studio?
“Gli interessati che erano più avanti con lo studio dovevano fare lo studio agli altri”, spiega Savo. “Un fratello battezzato stava studiando con me il libro Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca. Ma quando questo non fu più possibile, fu una persona non battezzata a continuare a studiare con me. Nel 1992 il gruppo che si riuniva a Hercegnovi per lo studio di libro di congregazione e per lo studio Torre di Guardia era cresciuto fino a contare 15 componenti”. Savo, assieme alla moglie e alla figlia, continuò a fare progresso e nel 1993 si battezzò. Oggi in questa pittoresca città costiera c’è una Sala del Regno con 25 proclamatori.
Agli inizi degli anni ’90 un gruppo di proclamatori si riuniva a Podgorica, la capitale. Il gruppo continuò a crescere, finché nel 1997 fu pianificato l’acquisto di una proprietà per una Sala del Regno. Nel terreno che i fratelli acquistarono c’era un muro che decisero di non eliminare perché garantiva la privacy. Ma un agente di polizia che viveva nel seminterrato dell’edificio vicino chiese se potevano abbattere il muro perché ci fosse più luce nel suo buio appartamento. Per mantenere buoni rapporti di vicinato i fratelli acconsentirono ad abbattere il muro e a sostituirlo con una recinzione. La loro gentilezza si rivelò molto opportuna.
Quando altri inquilini dell’edificio crearono problemi ai fratelli, l’agente di polizia li avvisò che se avessero danneggiato
la Sala del Regno li avrebbe fatti perseguire legalmente. Ora i fratelli hanno una bella Sala del Regno, oltre a una casa per i pionieri speciali e un grande parcheggio coperto che può anche essere utilizzato per tenere assemblee.Le cose non andarono altrettanto bene ai fratelli di Nikšić. Nel 1996 acquistarono una proprietà, ma la gente del posto era contraria alla presenza di una Sala del Regno. I fratelli sorvegliarono il cantiere giorno e notte, temendo che i vicini cercassero di sabotarlo. Un giorno un prete locale reclutò una folla di 200 persone, le quali si riversarono nella proprietà con pistole e spranghe.
Spararono dei colpi in aria e cominciarono a smantellare la Sala del Regno mattone per mattone, mentre la polizia rimaneva a guardare.Dato che la situazione non si poteva risolvere in modo pacifico, i fratelli cercarono un’altra proprietà. Quattro anni dopo trovarono un edificio che ristrutturarono e trasformarono in una Sala del Regno. All’inizio sembrava non ci fossero problemi con la gente del posto; poi, dopo qualche mese, la Sala del Regno fu distrutta da un incendio in circostanze sospette. Comunque, i fratelli furono determinati e non si arresero: si misero di nuovo al lavoro e ricostruirono la sala. Da allora non hanno avuto più problemi.
Il comitato che soprintende all’opera in Serbia si prende cura delle quattro congregazioni del Montenegro. Nel paese c’è 1 proclamatore ogni 2.967 abitanti, e pertanto i 201 proclamatori sono grati per l’aiuto dato loro dai 6 pionieri speciali. In generale, qui la gente ritiene che la religione abbia a che fare più con la tradizione che con la lettura della Bibbia, ma i nostri fratelli del Montenegro perseverano lealmente predicando con coraggio la buona notizia.
Storia recente della Slovenia
Fino al momento in cui ottenne l’indipendenza nel 1991, la Slovenia costituiva la parte nord-occidentale della Iugoslavia. Ottenuta l’indipendenza, il paese registrò una costante crescita economica e, nel 2004, entrò a far parte dell’Unione Europea. Nonostante sia relativamente poco estesa, la Slovenia presenta una ricca varietà di paesaggi. Ospita imponenti catene montuose, laghi di montagna, foreste rigogliose, enormi grotte carsiche e l’incantevole costa slovena. In poco più di un’ora si passa dall’aria frizzante dei freschi pendii alpini a quella mite degli oliveti e dei vigneti della costa adriatica. Inoltre, i siti culturali e storici della Slovenia offrono ai visitatori infinite possibilità di scelta. La bellezza di questo piccolo paese, però, va oltre i parchi nazionali e le città di interesse storico. La Slovenia possiede un ricco patrimonio spirituale.
SALE DEL REGNO E PIONIERI
Ricorderete senz’altro che Maribor era la città in cui i “barbieri della Bibbia” predicarono la loro nuova fede.
Il piccolo gruppo che si formò si radunava in un ristorante, che in seguito fu chiamato appropriatamente Novi Svet (Nuovo Mondo). Oggi i Testimoni sloveni sono grati a Geova per le belle Sale del Regno in cui si radunano per adorarlo e per essere ammaestrati. A motivo dell’aumento dei proclamatori, come pure delle migliori condizioni economiche degli anni ’90, fu formato un Comitato Regionale di Costruzione. Grazie all’aiuto di oltre 100 volontari e ai fondi provenienti da altri paesi, a partire dal 1995 le congregazioni hanno costruito o ristrutturato 14 Sale del Regno.All’aumento dei proclamatori corrispose un aumento dei pionieri regolari, che passarono dai 10 del 1990 ai 107 del 2000. Tra quei pionieri zelanti c’era Anica Kristan, la quale prima di accettare la verità era molto attiva nella politica.
Fratelli e sorelle provenienti da altri paesi hanno dato un grande impulso all’opera di predicazione in Slovenia. Nel 1992 arrivarono i primi missionari, Franco e Debbie Dagostini. Quando questi furono trasferiti in Africa, arrivarono Daniel e Karin Friedl, due nuovi missionari austriaci. Di recente sono stati mandati altri missionari di Galaad: Geoffrey e Tonia Powell e Jochen e Michaela Fischer. Questi, assieme a pionieri speciali di Austria, Italia e Polonia, hanno portato con sé un profondo amore per Geova e un forte desiderio di aiutare le persone.
COMITATI DI ASSISTENZA SANITARIA
Nel 1994 fu formato alla Betel un Reparto Informazione Sanitaria, e nel paese furono costituiti due Comitati di assistenza sanitaria. Alcuni dei fratelli che erano stati scelti per far parte di quei comitati ebbero un incontro con il ministro della Sanità, il quale a sua volta organizzò un incontro con i direttori di tutti gli ospedali della Slovenia.
I fratelli spiegarono sia qual è la funzione svolta dai comitati sanitari che i motivi per cui i testimoni di Geova non accettano trasfusioni di sangue. Questo ha portato a una buona cooperazione tra i medici e quei pazienti che rifiutano le trasfusioni di sangue e alla pubblicazione su riviste mediche di articoli che illustrano le terapie che non prevedono l’uso di sangue.Nel 1995 per la prima volta in Slovenia è stato eseguito un intervento a cuore aperto senza l’uso di sangue. I media hanno dato la notizia dell’intervento andato a buon fine, mentre il chirurgo e l’anestesista hanno scritto in merito un articolo scientifico. In questo modo è stata aperta la strada alla medicina senza sangue, e più medici sono disposti a rispettare la scelta dei testimoni di Geova in campo medico.
L’ESPANSIONE CREA NUOVE ESIGENZE
Dopo i cambiamenti politici avvenuti nel 1991, per curare meglio le attività del Regno il Corpo Direttivo decise
di aprire un ufficio in Slovenia. Fu acquistato un edificio di un piano al centro della capitale, Lubiana. I locali furono ristrutturati e il 1º luglio 1993 erano pronti per essere occupati dai beteliti. All’inizio la famiglia Betel si componeva di 10 membri, ma nel giro di dieci anni crebbe fino a contarne 35. Pertanto fu preso in affitto un edificio vicino per ospitare cucina, sala da pranzo e lavanderia. Nel frattempo i beteliti si spostarono in appartamenti vicini perché ci fosse più spazio per gli uffici. Nel 1997 l’ufficio della Slovenia diventò una filiale dei testimoni di Geova.Quando il Corpo Direttivo approvò la costruzione di una nuova filiale per la Slovenia, i fratelli cominciarono a cercare un luogo adatto. Dopo aver passato in rassegna una quarantina di proprietà, i fratelli scelsero un lotto di terreno vicino a Kamnik, a circa 20 chilometri dalla capitale, ai piedi delle belle cime alpine. In poco tempo si adeguarono alle norme del piano regolatore, ottennero i permessi per i lavori di costruzione, firmarono i contratti con un’impresa edile e dei servitori internazionali vennero invitati per prendere parte ai lavori. Sembrava tutto pronto.
Quando il progetto divenne di dominio pubblico, però, i vicini espressero subito il loro dissenso. Il giorno in cui si dovevano cominciare i lavori, per protesta impedirono l’accesso al cantiere con delle barricate. Ben presto esposero degli striscioni per esprimere la loro contrarietà. Sei giorni dopo, verso mezzogiorno arrivarono circa 30 poliziotti per proteggere i dipendenti comunali che erano stati incaricati di rimuovere le barricate; la gente che protestava insultò la polizia. Nel frattempo, però, i lavori erano stati rinviati, pertanto quel giorno né i fratelli né gli operai dell’impresa edile erano sul posto. Rinviati i lavori, l’opposizione cominciò a scemare e i nostri fratelli si diedero da fare per arrivare a una soluzione pacifica.
La gente aveva tirato giù la recinzione del cantiere per tre volte; ciò nonostante, un mese dopo i lavori ebbero finalmente inizio e proseguirono senza ulteriori impedimenti. Quello che all’inizio era stato un attacco contro il popolo di Geova si rivelò una benedizione, dato che quei fatti suscitarono un notevole interesse da parte dei media. TV, radio e quotidiani dedicarono oltre 150 servizi ai lavori di costruzione. I lavori furono completati in 11 mesi e, nell’agosto del 2005, la famiglia Betel si è trasferita nelle nuove strutture.
Da allora i rapporti tra i fratelli e i vicini sono cambiati radicalmente. Molti vicini hanno visitato la filiale. Un tale, che prima si era opposto, in seguito mostrò grande interesse per i lavori: chiese chi eravamo e quali attività si sarebbero svolte all’interno dell’edificio. Quando visitò i locali, fu molto toccato sia dal cordiale benvenuto che
ricevette sia dalla pulizia. “I vicini mi chiedono se ora sono passato dalla vostra parte”, disse ai fratelli, “e io rispondo: ‘Ora sono a favore dei testimoni di Geova tanto quanto prima ero contro di loro: è brava gente’”.Il 12 agosto 2006 è stato il lieto giorno in cui Theodore Jaracz, membro del Corpo Direttivo, ha pronunciato il discorso di dedicazione di fronte ad un uditorio di 144 persone provenienti da circa 20 paesi. Ha pronunciato un discorso anche a un’adunanza speciale tenuta a Lubiana, alla quale erano presenti 3.097 persone arrivate da tutte le parti della Slovenia, dalla Croazia e dalla Bosnia-Erzegovina.
UN FUTURO RADIOSO
In quanto al futuro, i testimoni di Geova della Slovenia mostrano completa fiducia nella guida e nella benedizione del loro Padre celeste. All’assemblea di distretto Matt. 28:19, 20.
del 2004 sono stati felici di ricevere la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane in sloveno. Ora, grazie ad una nuova e funzionale filiale e al duro lavoro che molti di loro compiono servendo come pionieri, sono determinati ad adempiere il loro incarico di predicare e fare discepoli. —In Slovenia, i cui abitanti sono in prevalenza cattolici, il periodo comunista ha generato molti atei. Inoltre, molti sono oppressi dalle ansietà della vita oppure sono caduti nella trappola del materialismo. Altri sono più interessati allo sport e ai divertimenti. Comunque, ci sono ancora persone sincere che sono attratte dalle promesse di Dio contenute nella Bibbia.
L’opera continua ad avere successo. Nell’agosto 2008 è stato raggiunto un massimo di 1.935 proclamatori, e quasi un quarto di loro era impegnato in qualche forma di servizio di pioniere. Il territorio di lingua straniera comprende ora l’albanese, il cinese, il croato, l’inglese e il serbo così come la lingua dei segni slovena. Nonostante gli umili inizi dell’opera in Slovenia, quando c’erano solo due barbieri che predicavano la buona notizia, oggi una numerosa folla di zelanti proclamatori provenienti da molte nazioni cerca i meritevoli che desiderano servire il vero Dio, Geova. — Matt. 10:11.
La zona dei Balcani che un tempo era la Iugoslavia è stata teatro di molti conflitti e di tante sofferenze. In un clima di intolleranza religiosa e odio etnico, comunque, l’amore che esiste tra i servitori di Geova li ha identificati come veri discepoli di Cristo e ha esaltato la vera adorazione al di sopra di qualunque cosa questo mondo possa offrire. Quest’amore, che rispecchia quello di Dio, ha spinto sempre più persone ad abbracciare la pura adorazione e aiuta i nostri fratelli a rimanere risoluti, determinati a servire Geova uniti e per sempre. — Isa. 2:2-4; Giov. 13:35.
[Note in calce]
a Quello degli ustascia era un movimento rivoluzionario fascista che, con l’appoggio della Chiesa Cattolica, combatteva per l’indipendenza della Croazia. Era noto per la sua efferatezza.
b A motivo del clima politico, fu aggiunto l’aggettivo “divina” per spiegare il tipo di libertà a cui i fratelli anelavano.
c Vedi l’articolo “Aiuto per la famiglia dei credenti in Bosnia”, nella Torre di Guardia del 1º novembre 1994, pp. 23-27.
[Testo in evidenza a pagina 165]
Mentre all’interno della Iugoslavia dilagava il pregiudizio etnico e religioso, i nostri fratelli rimasero uniti
[Testo in evidenza a pagina 173]
‘Sono qui per piacere agli uomini? No! La mia vita dipende da quello che gli altri possono dire, pensare o fare? No!’
[Riquadro a pagina 144]
Differenze all’interno dell’ex Iugoslavia
Se chiedete a più persone quali siano le differenze esistenti all’interno dell’ex Iugoslavia, è probabile che riceviate tante risposte diverse. Quello su cui saranno d’accordo è che esistevano sette gruppi etnici distinti che non professavano la stessa religione e parlavano lingue diverse con alfabeti altrettanto diversi. La principale differenza tra i gruppi etnici è la religione. Più di 1.000 anni fa la cristianità si divise tra i fedeli della Chiesa Cattolica Romana e quelli della Chiesa Ortodossa. Il confine tra i due gruppi passa per il cuore dell’ex Iugoslavia. La gente che vive in Croazia e Slovenia è prevalentemente cattolica, mentre Serbia e Macedonia hanno popolazione a maggioranza ortodossa. La Bosnia presenta una mescolanza di persone di fede islamica, cattolica e ortodossa.
Proprio come la religione, anche la lingua ha contribuito a dividere la gente. La maggior parte degli abitanti dell’ex Iugoslavia, ad eccezione di quelli del Kosovo, parlano lingue che appartengono al gruppo meridionale delle lingue slave. Per quanto ciascun paese abbia la propria lingua, la comunicazione tra serbi, croati, bosniaci e montenegrini è possibile grazie alle molte parole che hanno in comune. Questo è meno facile in Kosovo, Macedonia e Slovenia. Alla fine del XIX secolo si cercò di unificare le lingue che presentavano delle comunanze, ma la frammentazione della Iugoslavia nel 1991 pose fine a questo tentativo. Nell’ultimo decennio tutti questi paesi hanno cercato di affermare la propria identità usando certe parole piuttosto che altre.
[Riquadro/Immagine a pagina 148]
Un orologiaio diffonde la verità in Slavonia
Negli anni ’30 Antun Abramović viaggiava da un villaggio all’altro della Croazia per riparare orologi. In una piccola pensione trovò uno dei nostri opuscoli. Dopo averlo letto, riconobbe subito che si trattava della verità e il suo cuore fu toccato. Questo lo spinse a scrivere una lettera alla filiale per chiedere altra letteratura. Dopo poco tempo diventò un dedicato servitore di Geova. Da quel momento, quando si recava da un villaggio all’altro, non solo riparava orologi ma dava anche testimonianza. Dal momento che l’opera era vietata, era importante avere questa copertura per predicare. A Privlaka, un piccolo centro, trovò delle persone che accettarono la verità con entusiasmo. Col tempo si formò una piccola congregazione. Da lì la verità si diffuse a Vinkovci e nelle zone vicine.
Nel corso della seconda guerra mondiale il fratello Abramović contribuì a stampare clandestinamente letteratura che venne distribuita in tutta la Iugoslavia. A motivo della sua zelante attività fu uno dei 14 fratelli che nel 1947 furono condannati a lunghe pene detentive. Dopo il suo rilascio svolse il servizio di sorvegliante viaggiante. Lo zelo con cui serviva Geova non si affievolì mai.
[Riquadro/Immagine a pagina 151]
Da direttore d’orchestra a pioniere
Molti anni fa, in quella che oggi è conosciuta come Bosnia-Erzegovina, il direttore dell’Orchestra della Guardia Reale, Alfred Tuček, ricevette della letteratura biblica da parte di un collega di nome Fritz Gröger. Fu forse alla fine degli anni ’20 che Alfred contattò la Società del Faro, a Maribor, dicendo che voleva diventare pioniere regolare. Col tempo diventò uno dei primi a fare il pioniere in Iugoslavia. Nonostante il suo lavoro di direttore dell’orchestra militare fosse ben retribuito, il suo amore per Geova lo spinse a rinunciare alla sua occupazione e a non ‘guardare alle cose che sono dietro’. (Luca 9:62) Agli inizi degli anni ’30 viaggiò con i pionieri della Germania e proiettò il “Fotodramma della Creazione”. Inoltre diede una mano a fare le piantine dei territori che servivano per organizzare l’opera di predicazione in Iugoslavia. Nel 1934 sposò Frida, una delle pioniere tedesche. Il primo luogo in cui furono assegnati fu Sarajevo, in Bosnia. In seguito la predicazione della buona notizia li portò in zone della Macedonia, del Montenegro, della Croazia e della Serbia. All’inizio facevano la maggior parte degli spostamenti in bicicletta, ma successivamente utilizzarono una moto. Anche se a quel tempo la buona notizia non veniva accettata prontamente e l’opera di predicazione era proibita, capivano che era importante predicare al maggior numero possibile di persone.
[Riquadro/Immagini alle pagine 155 e 156]
In salute e in malattia
Martin Poetzinger prestò servizio in diversi paesi dell’Europa centrale prima di essere mandato a soprintendere l’attività di un gruppo di pionieri in Iugoslavia. Fu in quel periodo che conobbe Gertrud Mende, una zelante pioniera della Germania, che in seguito divenne sua moglie. Per i pionieri l’assistenza medica era un ambito in cui dovevano affidarsi completamente a Geova. Per quanto non esistesse un’assicurazione medica, ricevettero sempre l’aiuto di cui avevano bisogno. A volte in situazioni difficili Geova si servì di persone propense ad aiutare gli altri. Ad esempio, quando a Zagabria il fratello Poetzinger si ammalò gravemente, la sorella Mende era lì per assisterlo.
Gertrud ricorda: “A metà degli anni ’30 sia io che Martin fummo mandati a servire a Sarajevo. Ma le cose non andarono come ce le aspettavamo. Una sera Martin si sentì male e durante la notte la febbre salì a 39,5. Il giorno successivo, quando andai a trovarlo per vedere come stava, la padrona di casa era preoccupata per le sue condizioni. Provammo a curarlo con un rimedio locale: vino bollito con molto zucchero. Ma le sue condizioni non miglioravano. Chiamai diversi medici di cui trovai il numero sull’elenco telefonico, ma nessuno era disposto a venire immediatamente. Tutti accampavano scuse.
“La padrona di casa suggerì di chiamare l’ospedale; così telefonai al direttore dell’ospedale e gli spiegai che Martin era a letto e che la febbre gli era salita a 40. L’uomo fu molto gentile e mandò un’ambulanza. Quando Martin fu messo sull’ambulanza, la padrona di casa mi disse: ‘Non lo rivedrai più’.
“Come se non bastasse, c’era il problema dei soldi. Gli unici soldi che noi pionieri avevamo a disposizione erano le contribuzioni che ricevevamo per la letteratura, e queste bastavano a malapena per tirare avanti. Non sapevamo cosa fare e non sapevamo quanto sarebbero costate le cure. Il dottor Thaler visitò Martin, e la diagnosi fu questa: ‘Martin ha la pleurite e dev’essere operato. Passerà del tempo prima che si rimetta’.
“Il dottor Thaler doveva aver capito che avevamo difficoltà economiche, infatti disse: ‘Voglio dare una mano alle persone che hanno una fede come la vostra’. Fu così che non fece pagare a Martin l’intervento. Con l’aiuto di Geova riuscimmo ad affrontare quella difficile situazione. A motivo della malattia di Martin non potemmo andare a Sarajevo, ma dovemmo tornare in Germania”.
[Immagine]
Martin Poetzinger in Germania, 1931
[Riquadro/Immagine alle pagine 161 e 162]
Di giorno al lavoro, di notte a stampare letteratura
LINA BABIĆ
NATA 1925
BATTEZZATA 1946
PROFILO Presta servizio alla Betel dal 1953, quando l’opera fu riconosciuta legalmente. Aiutava a stampare e a spedire riviste e altra letteratura. Oggi presta servizio fedelmente alla Betel di Zagabria.
DOPO che i fratelli furono fatti uscire di prigione, ci si organizzò subito per produrre le riviste. Ma c’erano pochi fratelli e il lavoro che si doveva fare era molto. Quando mi resi conto della situazione, decisi di rendermi disponibile, per quanto avessi un lavoro. Ciò nonostante volevo dare una mano. Così durante il giorno svolgevo il mio lavoro e poi mi dedicavo fino a tarda notte alla stampa della letteratura.
A quel tempo la filiale non possedeva un edificio in città. Così una coppia avanti negli anni, Petar e Jelena Jelić, mise a disposizione il proprio monolocale
per ciclostilare la letteratura. Il locale misurava solo una ventina di metri quadrati. Sul letto veniva messo un telo di lino teso su un telaio di legno che veniva usato per impilare le pagine stampate. Vicino al letto, sopra un tavolo, c’era un ciclostile azionato a mano. Producevamo circa 800 pagine all’ora: non è molto in paragone alle moderne macchine da stampa, ma noi eravamo contenti perché con pazienza e tanto duro lavoro riuscivamo a produrre la letteratura che serviva.Era toccante vedere gli Jelić che, per poter andare a dormire, aspettavano con pazienza che avessimo finito il lavoro e spostato le pagine impilate. Non si lamentavano mai. Anzi, erano felici e i loro occhi sprizzavano gioia perché in quel modo avevano la possibilità di sostenere l’opera del Regno. Assieme ad altre sorelle anziane Jelena aiutava, quando poteva, a raccogliere, cucire e piegare le pagine stampate. Era un lavoro preziosissimo.
Nel 1958 acquistammo un ciclostile elettrico che facilitò l’attività di stampa. Nel 1931 avevamo cominciato con appena 20 riviste, ma all’inizio degli anni ’60 arrivammo a 2.400 copie in tre lingue: croato, serbo (caratteri cirillici) e sloveno. Non potevamo produrre libri, ma stampammo molti opuscoli. Nel 1966 la produzione raggiunse il picco più alto. Il libro ‘Cose nelle quali è impossibile che Dio menta’ fu prodotto da un tipografo locale in 12 opuscoli che, una volta stampati, venivano messi insieme per formare un unico libro. Questo significò, per tutte e tre le lingue, stampare 600.000 opuscoli per produrre l’equivalente di 50.000 libri.
Oggi presto servizio alla Betel di Zagabria. Sono felice quando, ripensando ai miei anni di servizio, vedo che Geova ha benedetto l’opera in tutti i paesi dell’ex Iugoslavia.
[Riquadro/Immagine alle pagine 176 e 177]
“Dall’oggi al domani tutto può cambiare”
IVICA ZEMLJAN
NATO 1948
BATTEZZATO 1961
PROFILO Fu imprigionato cinque volte a motivo della sua neutralità. In seguito prestò servizio come sorvegliante di circoscrizione nei fine settimana. Oggi è anziano in una congregazione di Zagabria.
I MIEI genitori erano nella verità, ed è della verità che parlavamo in casa. Quando ricevetti la chiamata alle armi, mi presentai e dissi che volevo fare una dichiarazione. Dopo aver chiarito la mia posizione neutrale, fui processato e condannato a nove mesi di reclusione. Al mio rilascio, mi aspettava già un’altra chiamata al servizio militare. Fui processato di nuovo e questa volta fui condannato a un anno di prigione. Quando fui rilasciato, mi aspettavano una terza chiamata e un altro processo. Stavolta fui condannato a 15 mesi. La quarta volta scontai 20 mesi e la quinta due anni: nel complesso più di sei anni di reclusione. Il tutto accadde tra il 1966 e il 1980.
Fui mandato due volte a Goli Otok, nel Mar Adriatico. L’intera isola era un penitenziario per prigionieri politici, e mi trattavano come uno di questi. Il nostro
compito era “riempire il mare”: trasportavamo pietre in una cassa di legno da un’estremità all’altra dell’isola e le lanciavamo in mare. Ogni cassa pesava oltre 100 chili. Poi tornavamo indietro per portare un altro carico di pietre, e continuavamo a fare lo stesso inutile lavoro tutto il giorno.La seconda volta che fui mandato a Goli Otok, la consuetudine era quella di mettere i nuovi in isolamento per un mese. Era terribile essere rinchiuso ed essere lasciato completamente solo. In quel periodo pregai più di quanto non avessi mai fatto prima. Non avevo né Bibbia né pubblicazioni bibliche. Stare in completo isolamento fu estremamente difficile. L’unico incoraggiamento che ricevetti fu una lettera da parte dei miei genitori. Fu in quei momenti, però, che provai il potere delle parole dell’apostolo Paolo: “Quando sono debole, allora sono potente”. (2 Cor. 12:10) Quanto ero felice e forte quando fui rilasciato e in seguito trovai un lavoro!
In un’altra prigione dovetti presentarmi da uno psicologo, che fu molto brusco e che mi insultò. Si mise ad urlare, dicendo tra le altre cose che non ero normale. Non mi fu permesso di dire nulla in mia difesa. Il giorno seguente lo stesso psicologo mi convocò di nuovo e mi disse in tono completamente diverso: “Ti ho pensato e ritengo che questa prigione non sia il posto giusto per te. Ti troverò un lavoro fuori di qui”. Con mia sorpresa lo fece davvero. Non so cosa gli avesse fatto cambiare idea, ma capii che non dobbiamo mai né aver paura né pensare che non ci sia via d’uscita. Dall’oggi al domani tutto può cambiare. Sono grato a Geova per tutte le esperienze che mi hanno avvicinato di più a lui.
[Riquadro/Immagine a pagina 179]
“È permesso parlare di calcio?”
HENRIK KOVAČIĆ
NATO 1944
BATTEZZATO 1962
PROFILO Nel 1973 ha prestato servizio come sorvegliante viaggiante nei fine settimana e dal 1974 al 1976 è stato sorvegliante viaggiante a tempo pieno. Oggi fa parte del Comitato di Filiale della Croazia.
QUANDO andavamo in servizio non eravamo mai sicuri di tornare a casa. Spesso la polizia ci arrestava e ci interrogava. Circolavano idee sbagliate sul nostro conto.
Una volta alla stazione di polizia mi fu detto che potevamo parlare di Dio solo nei luoghi autorizzati e non per le strade o di casa in casa. Come Neemia, feci una breve preghiera per chiedere a Geova di aiutarmi a trovare le parole giuste. Poi chiesi all’agente: “Qui è permesso parlare di calcio solo allo stadio o anche in altri posti?” Rispose dicendo che si poteva parlare di calcio ovunque. Replicai: “Di sicuro, allora, si può anche parlare di Dio in qualunque posto, non solo in una chiesa o in un luogo di culto”. L’interrogatorio durò cinque ore, ma poi lasciarono andare sia me che il mio compagno.
Ripensando ai nostri 40 anni di servizio, io e mia moglie Ana non li cambieremmo per nulla al mondo. Insieme abbiamo avuto il privilegio di aiutare circa 70 persone a conoscere la verità. Qualunque cosa Geova abbia in mente per noi non può che arricchire la nostra vita.
[Riquadro/Immagine alle pagine 195 e 196]
Promettemmo di tornare
HALIM CURI
NATO 1968
BATTEZZATO 1988
PROFILO Contribuì ad organizzare la raccolta e la distribuzione degli aiuti umanitari a Sarajevo. Ora presta servizio come anziano ed è membro del Comitato di assistenza sanitaria e rappresentante legale dei testimoni di Geova in Bosnia-Erzegovina.
NEL 1992 la città di Sarajevo era assediata. Quando non ricevevamo pubblicazioni, studiavamo le riviste che avevamo già. Usando una vecchia macchina da scrivere, i fratelli copiavano gli articoli di studio disponibili. Anche se eravamo solo 52 proclamatori, avevamo più di 200 presenti alle adunanze e conducevamo circa 240 studi biblici.
Nel novembre 1993, durante il periodo peggiore della guerra, nacque nostra figlia Arijana. Era un momento difficile per mettere al mondo un figlio. Acqua corrente ed elettricità mancavano per intere settimane. Usavamo i mobili come combustibile e per andare alle adunanze dovevamo passare attraverso zone pericolose. Dato che i cecchini sparavano indiscriminatamente, per attraversare certe strade e barricate dovevamo correre.
In un giorno tranquillo io, mia moglie, mia figlia e il fratello Dražen Radišić stavamo tornando a casa dall’adunanza, quando all’improvviso una mitragliatrice aprì il fuoco. Ci buttammo a terra, ma una pallottola mi colpì allo stomaco. Il dolore era lancinante. Dalle finestre molti videro quello che era accaduto e alcuni giovani coraggiosi corsero in strada per trarci in salvo. Fui portato
di corsa all’ospedale, dove mi volevano somministrare d’urgenza una trasfusione di sangue. Spiegai al medico che la mia coscienza non mi permetteva di accettarla. Fecero pressione su di me perché ci ripensassi, ma ero determinato e pronto ad affrontare le conseguenze. Fui comunque sottoposto ad un’operazione di due ore e mezzo e guarii senza essere trasfuso.Dopo l’intervento avevo bisogno di riposo, ma era impossibile a causa della guerra. Quindi decidemmo di andare dai nostri familiari in Austria. L’unico modo per lasciare Sarajevo era attraversare un tunnel lungo quasi un chilometro e alto un metro e venti che si trovava sotto l’aeroporto. Mia moglie portò la bambina e io cercai di portare i bagagli, ma a causa dell’intervento subìto mia moglie dovette darmi una mano.
È difficile descrivere quanto fu bello stare in Austria. Lasciando Sarajevo avevamo promesso ai fratelli e al Creatore che saremmo ritornati. Fu difficilissimo separarsi dai nostri familiari in Austria, specie mia madre. Ma spiegammo loro che avevamo promesso a Dio di tornare a Sarajevo se egli ci avesse aiutato ad uscirne per poterci riposare un po’. Ora non potevamo dirgli: “Grazie del tuo aiuto. Qui si sta veramente bene; vorremmo restarci”. E poi i fratelli di Sarajevo avevano bisogno di noi. In tutto questo mia moglie Amra fu un vero sostegno.
Così, nel dicembre 1994, percorremmo nuovamente quel tunnel, stavolta per tornare a Sarajevo. Le persone che incontravamo nel tunnel ci chiedevano: “Cosa fate? Tutti vogliono uscire dalla città sotto assedio, e voi ritornate?” Non riesco a trovare le parole per descrivere quanto fu bello riabbracciare i nostri fratelli nella Sala del Regno di Sarajevo. Non ci siamo mai pentiti di essere tornati.
[Riquadro a pagina 210]
Le isole della Croazia
La costa della Croazia, che si estende per 1.778 chilometri, è costellata da più di 1.000 isole, di cui una cinquantina disabitate. Le isole hanno un’estensione che va da circa un chilometro quadrato a 400 chilometri quadrati.
Gli abitanti si dedicano principalmente alla pesca e alla coltivazione di olivi, viti e del proprio orto. Il parco nazionale dell’arcipelago dell’Incoronata, composto da 140 isole e scogli, offre scenari spettacolari per le immersioni. Gli abitanti di Krapanj e di Zlarin si immergono in cerca di coralli e spugne. A Lesina si coltiva la lavanda e si produce miele ed essenza di rosmarino. Gli abitanti dell’arida isola di Pago producono un formaggio rinomato utilizzando il latte di robuste pecore che brucano piante erbacee ed erba salata.
I testimoni di Geova fanno sforzi extra per parlare a tutti. Per raggiungere alcune di queste isole devono solo attraversare un ponte, mentre per altre devono prendere il traghetto. Ai Testimoni piace organizzare campagne speciali di un paio di giorni per predicare in gruppo su un’isola. Comunicare con gli isolani, però, non è sempre facile perché questi parlano un dialetto che gli abitanti della Croazia continentale non sempre riescono a capire.
Gli abitanti delle isole stanno accettando la buona notizia e a Curzola c’è una congregazione di 52 proclamatori. La posizione isolata della congregazione non agevola i fratelli che vengono per pronunciare discorsi pubblici, ma gli sforzi che questi compiono permettono alla congregazione di sentirsi parte della fratellanza cristiana mondiale. — 1 Piet. 5:9.
[Riquadro/Immagine a pagina 224]
“Mi sono presentata in prigione con 11 giorni di anticipo”
PAVLINA BOGOEVSKA
NATA 1938
BATTEZZATA 1972
PROFILO Cominciò a fare la pioniera nel 1975 e nel 1977 diventò la prima pioniera speciale della Macedonia. Ha aiutato 80 persone a conoscere la verità.
MOLTE volte, mentre predicavo, la gente mi denunciava alla polizia, la quale mi portava alla centrale, dove venivo interrogata anche per ore. Sono stata multata molte volte. In tribunale sono stata falsamente accusata di essere un nemico politico dello Stato e di fare propaganda all’Occidente. Una volta sono stata condannata a 20 giorni di prigione e un’altra volta a 30.
Dovevo scontare i 20 giorni di prigione proprio quando si sarebbe tenuta l’assemblea di distretto. Chiesi alla corte di posticiparli, ma la mia richiesta fu respinta; così decisi di presentarmi in prigione con 11 giorni di anticipo. Le guardie carcerarie furono sorprese di vedermi. Non riuscivano a credere che qualcuno non vedesse l’ora di andare in prigione. Ebbi la possibilità di dare testimonianza e loro promisero di fare di tutto per prendersi cura di me. Undici giorni dopo un agente di polizia venne in prigione per verificare se mi ero presentata. Ci rimase quando le guardie carcerarie gli dissero che ero già lì da 11 giorni. Nonostante tutto, alla fine riuscii ad essere presente all’assemblea.
[Riquadro/Immagine a pagina 232]
‘Davano il meglio di quello che avevano’
ŠANDOR PALFI
NATO 1933
BATTEZZATO 1964
PROFILO I suoi genitori conobbero la verità in un campo creato dai partigiani poco dopo la seconda guerra mondiale. Ha servito come sorvegliante viaggiante nei fine settimana; oggi fa parte del comitato che soprintende all’opera in Serbia.
LA MIA famiglia è di origine ungherese e per questo fummo mandati per un breve periodo in un campo creato dai partigiani. La cosa, però, si rivelò una benedizione, perché fu lì che i miei genitori conobbero la verità. Da adolescente la verità non mi interessava molto. Ma il fratello Franz Brand, che visse in casa nostra per un paio d’anni, ebbe un ruolo importante nella mia vita. Quando mi propose di tradurre una pubblicazione dall’ungherese in serbo, accettai pensando di fare qualcosa di utile. In seguito venni a sapere che non c’era alcun bisogno di tradurla; voleva solo assicurarsi che la leggessi. La sua tattica funzionò e, dopo un po’ di tempo, nel 1964, mi battezzai.
Una delle gioie più grandi che ho provato è stata quella di servire come sorvegliante viaggiante. Non era sempre facile, dato che i fratelli disponevano di pochi mezzi. Molte volte dormivo nella stessa stanza in cui dormiva tutta la famiglia. Valse la pena fare tutti quei sacrifici. Era meraviglioso vedere la gioia dei fratelli, i quali attendevano ansiosi la visita. Facevano tutto il possibile per dare il meglio di quello che avevano. Come avrei potuto non essere riconoscente?
[Riquadro/Immagine alle pagine 236 e 237]
“Dove posso trovare queste persone?”
AGRON BASHOTA
NATO 1973
BATTEZZATO 2002
PROFILO Ha militato nell’Esercito di liberazione del Kosovo; ora è pioniere regolare e servitore di ministero.
A MOTIVO di tutte le cose orribili che avevo visto in guerra, incluso l’assassinio di bambini piccoli, ero arrivato alla conclusione che Dio non esistesse. ‘Se esiste’, pensavo, ‘perché non fa qualcosa per porre rimedio a tutte le sofferenze?’ La mia fede si indebolì ulteriormente quando vidi esponenti religiosi musulmani che sostenevano la guerra contro i serbi. Prima della guerra ero musulmano, ma alla fine della guerra ero diventato ateo e mi ero unito all’Esercito di liberazione del Kosovo. Anche se vi rimasi per poco tempo, ero molto rispettato e ottenni molti privilegi. Così diventai aggressivo e orgoglioso, dato che tutto quello che dicevo veniva fatto.
Purtroppo mi comportavo nello stesso modo anche con mia moglie. Ero convinto che dovesse fare le cose a modo mio e ubbidire sempre ai miei ordini. Mia moglie Merita aveva conosciuto i Testimoni durante la guerra e aveva alcune loro pubblicazioni. Una sera, prima di andare a dormire, mi disse: “Prendi questi e leggili. Parlano di Dio”. Il fatto che pensasse di potermi insegnare qualcosa su Dio mi fece infuriare. Per evitare ulteriori litigi, Merita andò a dormire.
Rimasto da solo, decisi di leggere l’opuscolo Cosa richiede Dio da noi? Poi lessi l’opuscolo È tempo di mostrare vera sottomissione a Dio. Dato che ero musulmano, fui sorpreso di trovare delle citazioni tratte dal Corano. Poi lessi alcune riviste La Torre di Guardia e Svegliatevi! Più tardi quella notte andai in camera e svegliai mia moglie. “Da chi li hai avuti?”, chiesi. “Dove posso trovare queste persone?”
Ciò che lessi mi toccò profondamente; mia moglie però era scettica e temeva quello che avrei potuto fare. Ciò nonostante quella notte telefonammo a una Testimone che ci disse dove e quando si sarebbe tenuta la loro adunanza. La mattina dopo vi andammo. Rimasi molto colpito dalla gentilezza e dal calore con cui i fratelli mi accolsero. Non pensavo ci fossero persone del genere sulla terra. Vedevo che erano diverse. Durante l’adunanza avevo una domanda da fare ed ero impaziente di ricevere la risposta, così non potei fare a meno di alzare la mano. Non capendo perché ero così ansioso di parlare con loro, gli anziani erano un po’ tesi. Dovettero sentirsi davvero sollevati quando capirono che volevo semplicemente sapere cosa dovevo fare per diventare testimone di Geova!
Lo stesso giorno cominciai a studiare la Bibbia. Non era facile fare i molti cambiamenti di personalità che mi ero proposto. Volevo smettere di fumare e sentivo di dover tagliare i ponti con gli amici che avevo. Pregando e frequentando regolarmente le adunanze mi pentii della vita che avevo fatto e rivestii la nuova personalità. La verità ha influito profondamente sulla mia vita e su quella della mia famiglia. Io e mia moglie siamo pionieri regolari, e nel 2006 sono stato nominato servitore di ministero. Ora posso aiutare altri a capire perché si soffre e in che modo presto Geova eliminerà tutti i problemi.
[Riquadro/Immagine alle pagine 249 e 250]
“Sembrava che Geova impedisse loro di vedere”
JANEZ NOVAK
NATO 1964
BATTEZZATO 1983
PROFILO A motivo della sua fede ha trascorso tre anni in prigione; oggi è membro del Comitato di Filiale della Slovenia.
NEL dicembre del 1984 ricevetti ripetutamente dalle autorità militari l’ordine di presentarmi per la leva. Quando attaccarono la cartolina precetto alla mia porta e mi minacciarono dicendo che sarebbe venuta la polizia militare, decisi di presentarmi in caserma per spiegare loro la mia posizione. Ma non servì a nulla, e le autorità decisero di fare tutto ciò che era in loro potere per fare di me un soldato. Mi rasarono la testa, mi spogliarono dei miei abiti civili e mi offrirono un’uniforme. Quando rifiutai di indossarla, me la misero con la forza e poi mi misero in mano una penna per costringermi a firmare e ad arruolarmi. Ma non lo feci.
Mi rifiutai anche di partecipare ad altre attività, come gli esercizi fisici del mattino e il saluto alla bandiera. Quando quattro soldati mi portarono nel cortile e mi ordinarono di fare gli esercizi, non alzai le braccia. Cercarono di sollevarmi le braccia finché non si resero conto di quanto la situazione fosse ridicola. Mi puntarono contro un fucile e minacciarono di uccidermi. A volte provarono a corrompermi con del caffè e delle torte.
La mia risolutezza spinse alcuni a piangere dalla rabbia. Altri si infuriarono quando non volli sputare sull’immagine del maresciallo Tito che tenevano di fronte alla mia faccia. Dopo un paio di giorni, cercarono di farmi portare delle armi, ma anche stavolta mi rifiutai. Quel gesto era considerato un reato militare, così rimasi confinato nella caserma per un mese. Poi, in attesa del verdetto, fui recluso per diverse settimane in una prigione a Zagabria. Nella cella c’era una luce rossa che veniva lasciata accesa tutta la notte, e mi veniva consentito di andare al bagno solo se la guardia in servizio era di buon umore.
Alla fine fui condannato a tre anni di reclusione sull’isola adriatica di Goli Otok, dove venivano mandati i criminali peggiori. Mi portarono in quella prigione, nota per la violenza dei reclusi, con le mani incatenate perché rifiutavo di combattere. Conobbi altri quattro Testimoni che erano stati imprigionati per la loro posizione neutrale.
Non ci era stato permesso di portare né la Bibbia né altra letteratura. Comunque, all’interno del campo c’era già una Bibbia. I miei parenti mi spedivano La Torre di Guardia in una scatola con falso fondo. Le guardie non scoprirono mai la nostra letteratura né tanto meno che tenevamo le adunanze cristiane. Talvolta, quando le guardie entravano, la letteratura era davanti ai loro occhi, ma non si accorgevano di niente: sembrava che Geova impedisse loro di vedere.
Dopo un anno fui trasferito in Slovenia per finire di scontare la mia pena. Mentre ero ancora in prigione sposai Rahela. Quando fui rilasciato, io e mia moglie cominciammo a fare i pionieri; dal 1993 serviamo alla Betel della Slovenia.
[Prospetto/Grafico alle pagine 244 e 245]
Paesi dell’ex Iugoslavia — CRONOLOGIA
Anni ’20 Un piccolo gruppo si raduna a Maribor, in Slovenia, per studiare la Bibbia.
Anni ’30 Inviati in Iugoslavia pionieri di lingua tedesca.
1935 Aperta una filiale a Belgrado, in Serbia, per coordinare l’opera.
1940
1941 Invasione dell’esercito tedesco; segue un’intensa persecuzione.
1950
1953 Riconoscimento legale dei testimoni di Geova; l’opera di casa in casa, però, è soggetta a restrizioni.
1960
1969 In questo stadio di Norimberga, in Germania, viene tenuta un’assemblea internazionale.
1970
1990
1991 Prima assemblea internazionale tenuta a Zagabria, in Croazia. Arrivo dei primi missionari di Galaad. Aperto un ufficio in Slovenia con la supervisione della filiale dell’Austria. Scoppio della guerra.
1993 Riconoscimento legale dei testimoni di Geova in Macedonia.
1994 Formato un Comitato di assistenza sanitaria in Slovenia.
2000
2003 Riconoscimento legale dei testimoni di Geova in Croazia. Dedicazione di una nuova Betel in Macedonia.
2004 Presentata la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane in sloveno.
2006 Dedicazione di una nuova filiale in Slovenia. Presentata la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture completa in croato, serbo e macedone. Formato un gruppo cinese a Belgrado, in Serbia.
2007 In Macedonia viene pronunciato il primo discorso speciale in lingua romani. Presentata la prima pubblicazione in romani.
2010
[Grafico]
(Vedi l’edizione stampata)
Totale proclamatori
Totale pionieri
14.000
10.500
7.000
3.500
1940 1950 1960 1970 1990 2000 2010
[Cartine a pagina 147]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
REPUBBLICA CECA
AUSTRIA
VIENNA
SLOVACCHIA
BRATISLAVA
UNGHERIA
BUDAPEST
ROMANIA
BULGARIA
GRECIA
ALBANIA
TIRANA
MAR IONIO
ITALIA
MAR ADRIATICO
EX IUGOSLAVIA
SLOVENIA
LUBIANA
Maribor
Kamnik
CROAZIA
ZAGABRIA
SLAVONIA
Osijek
Vukovar
Vinkovci
Privlaka
Jasenovac
Sebenico (Šibenik)
Spalato (Split)
DALMAZIA
Goli Otok
Pago (Pag)
Incoronata (Kornat)
Zlarin
Krapanj
Lesina (Hvar)
Curzola (Korčula)
BOSNIA-ERZEGOVINA
SARAJEVO
Bihać
Banja Luka
Tuzla
Travnik
Zenica
Vareš
Mostar
SERBIA
BELGRADO
VOJVODINA
Bor
MONTENEGRO
PODGORICA
Nikšić
Hercegnovi
Tara
Lago di Scutari
KOSOVO
Peć
Priština
MACEDONIA
SKOPJE
Tetovo
Kočani
Štip
Kičevo
Strumica
Resen
Nota: Le Nazioni Unite hanno comunicato che “il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia nel febbraio [2008]”. Nel tentativo di risolvere la controversia sullo status politico del Kosovo, l’Assemblea Generale dell’ONU ha chiesto “il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia”.
[Immagine a tutta pagina a pagina 142]
[Immagine a pagina 145]
Franz Brand
[Immagini a pagina 146]
Rudolf Kalle e una delle sue macchine da scrivere
[Immagine a pagina 149]
Con il camioncino noleggiato per predicare in Slovenia
[Immagine a pagina 154]
I primi pionieri affrontarono molte difficoltà
[Immagine a pagina 157]
Alfred e Frida Tuček con le loro biciclette
[Immagine a pagina 158]
Rudolf Kalle davanti alla Betel di Belgrado, in Serbia
[Immagini a pagina 168]
Franc Drozg e una riproduzione della sua lettera
[Immagine a pagina 180]
A fianco: la stalla che fu trasformata in una Sala del Regno, Lubiana
[Immagine a pagina 180]
In basso: una delle prime Sale del Regno di Zagabria
[Immagine a pagina 182]
Stojan Bogatinov
[Immagini alle pagine 184 e 185]
Sfondo: assemblea internazionale “Pace in terra” del 1969, Norimberga (Germania); a sinistra: treno per l’assemblea proveniente dalla Iugoslavia; a destra: Nathan Knorr
[Immagine a pagina 188]
Ðuro Landić
[Immagini a pagina 192]
Milton Henschel, e il battesimo all’assemblea internazionale “Amanti della libertà divina” tenuta nel 1991 a Zagabria
[Immagine a pagina 197]
Ljiljana insieme alle figlie
[Immagini a pagina 199]
Aiuti umanitari portati dall’Austria con i camion
[Immagine a pagina 200]
La famiglia Ðorem, 1991
[Immagine a pagina 204]
Battesimo in una tinozza usata per il pesce a Zenica, 1994
[Immagini a pagina 209]
Aiuti umanitari immagazzinati a Zagabria
[Immagine a pagina 215]
Elke e Heinz Polach
[Immagini a pagina 216]
Comitato di Filiale della Croazia e gli edifici della filiale
[Immagine a pagina 228]
Arrivo di aiuti umanitari in Bosnia
[Immagini a pagina 233]
Comitato che soprintende all’opera in Serbia, e Betel di Belgrado
[Immagine a pagina 235]
Saliu Abazi
[Immagini a pagina 243]
Predicazione a Podgorica; Sala del Regno a Podgorica
[Immagine a pagina 247]
La parte vecchia di Pirano
[Immagine a pagina 251]
La precedente filiale di Lubiana, 2002
[Immagine a pagina 253]
La filiale di Kamnik, 2006
[Immagine a pagina 254]
Comitato di Filiale della Slovenia