Atti degli Apostoli 14:1-28
Note in calce
Approfondimenti
mediante l’autorità di Geova Lett. “sul Signore”. (Vedi App. C.) Dato il contesto, si ritiene che la preposizione epì (“su”) presente qui in At 14:3 indichi su quale base si fondava il coraggio con cui parlavano i discepoli. Il resto del versetto mostra che Dio stava attestando (“rendeva testimonianza”) che loro predicavano realmente la sua parola e che avevano la sua approvazione e il suo appoggio nell’opera che svolgevano. (Confronta At 4:29-31.) L’espressione greca “sul Signore” si trova anche nella Settanta come resa di espressioni che nell’originale ebraico contengono il Tetragramma (Sl 31:6 [30:7, LXX]; Ger 17:7). In armonia con questo, alcuni hanno suggerito che l’espressione trasmetta anche l’idea di parlare “facendo affidamento su Geova”. (Vedi App. C3 introduzione; At 14:3.)
immeritata bontà Vedi Glossario.
prodigi O “portenti”, “presagi”. (Vedi approfondimento ad At 2:19.)
Zeus Vedi Glossario.
Hermes Divinità greca. Ritenuto figlio di Zeus, Hermes era considerato il messaggero degli dèi. Si credeva fosse l’accorto consigliere degli eroi della mitologia e il dio del commercio, dell’arte oratoria, della ginnastica, del sonno e dei sogni. Dato che era Paolo a parlare di più, gli abitanti della città romana di Listra pensarono che lui fosse il dio Hermes. Questo era conforme alla loro idea di Hermes quale messaggero degli dèi e dio dell’arte oratoria. Diverse parole affini al nome Hermes hanno infatti a che fare con la traduzione e l’interpretazione. (Alcuni esempi sono il verbo greco hermenèuo, reso con “tradurre” in Gv 1:42 e con “significare” in Eb 7:2, e il sostantivo hermenìa, reso con “interpretazione” in 1Co 12:10 e con “interpretare” in 1Co 14:26; vedi anche approfondimento a Lu 24:27.) Nei pressi dell’antica Listra è stata ritrovata una statua del dio Hermes; in quella zona è stato anche rinvenuto un altare dedicato a Zeus ed Hermes. I romani lo identificavano con Mercurio, il loro dio del commercio.
ghirlande Può darsi che il sacerdote di Zeus intendesse mettere le ghirlande sul capo di Paolo e di Barnaba, come si faceva a volte agli idoli, oppure sugli altri presenti e sugli animali da sacrificare. Queste ghirlande in genere erano fatte di foglie e fiori, ma a volte erano di lana.
nominarono Qui le Scritture mostrano che gli anziani venivano nominati da sorveglianti viaggianti, in questo caso Paolo e Barnaba. I due fecero questo pregando e digiunando, il che dimostra che non prendevano alla leggera l’incarico di fare queste nomine. Si dice che anche Tito ebbe una parte nel fare nomine di “anziani” nelle congregazioni, ed evidentemente si può dire lo stesso di Timoteo (Tit 1:5; 1Tm 5:22). Il termine greco qui reso “nominarono” (cheirotonèo) significa letteralmente “stendere [o “alzare”] la mano”. Basandosi su questo significato, alcuni hanno dedotto che gli anziani venissero eletti dalla congregazione per alzata di mano. Comunque questo termine greco è anche usato con un significato più generico, senza alcun riferimento al modo in cui venivano fatte le nomine. Giuseppe Flavio, storico ebreo del I secolo, conferma questo uso del termine nelle sue Antichità Giudaiche (VI, 54 [iv, 2]; VI, 312 [xiii, 9]) ricorrendo allo stesso verbo greco quando descrive l’occasione in cui Dio nominò Saul re. In quella circostanza la congregazione non fu chiamata a votare per alzata di mano. Le Scritture dicono invece che il profeta Samuele versò olio sulla testa di Saul e disse: “Geova ti ha unto come capo”. Questo conferma che Saul fu nominato da Geova Dio (1Sa 10:1). Inoltre, come mostra la struttura grammaticale dell’originale greco di At 14:23, furono gli apostoli Paolo e Barnaba a “stendere la mano”, cioè a fare le nomine, e non l’assemblea o congregazione. Quando in altre circostanze uomini qualificati furono nominati perché ricoprissero incarichi di responsabilità nella congregazione del I secolo, gli apostoli e altri uomini autorizzati posero letteralmente le mani su di loro, gesto compiuto in segno di conferma, approvazione o nomina. (Confronta approfondimento ad At 6:6.)
anziani Nella Bibbia il termine greco presbỳteros è usato soprattutto in riferimento a chi ha una posizione di autorità e di responsabilità all’interno di una comunità o di una nazione, anche se in alcuni casi denota uomini di età avanzata. (Vedi approfondimento a Mt 16:21.) Proprio come uomini anziani e maturi avevano la responsabilità di guidare e amministrare l’antica nazione d’Israele a livello di comunità, così uomini spiritualmente maturi prestavano servizio nelle congregazioni cristiane del I secolo (1Tm 3:1-7; Tit 1:5-9). Nonostante fossero stati “mandati dallo spirito santo” in quel viaggio missionario, Paolo e Barnaba, quando fecero nomine di anziani, si dedicarono comunque alla preghiera e al digiuno. Poi “affidarono a Geova” quegli anziani (At 13:1-4; 14:23). Si dice che, oltre a Paolo e Barnaba, anche Tito ebbe una parte nel fare nomine di “anziani” nelle congregazioni, ed evidentemente si può dire lo stesso di Timoteo (Tit 1:5; 1Tm 5:22). Non si legge mai che le congregazioni facessero queste nomine in modo indipendente. A quanto pare le congregazioni del I secolo avevano un certo numero di anziani che servivano insieme in funzione di “corpo degli anziani” (1Tm 4:14; Flp 1:1).
li affidarono a Geova Il verbo greco per “affidare” è usato anche in At 20:32, in cui Paolo disse agli anziani di Efeso: “Vi affido a Dio”, e in Lu 23:46, dove le parole di Gesù vengono rese: “Padre, alle tue mani affido il mio spirito!” Quest’ultima è una citazione di Sl 31:5, dove la Settanta (30:6, LXX) usa lo stesso termine greco per “affidare” e l’originale ebraico riporta il nome divino nell’immediato contesto. Il concetto di affidarsi a Geova ricorre diverse volte nelle Scritture Ebraiche (Sl 22:8; 37:5; Pr 16:3; vedi App. C3 introduzione; At 14:23).
la parola I manoscritti a disposizione forniscono prove considerevoli a sostegno della lezione “la parola” (ton lògon), adottata dalla maggior parte delle traduzioni moderne. Comunque, alcuni manoscritti in greco riportano “la parola del Signore” (ton lògon tou Kyrìou; vedi App. C e approfondimento ad At 8:25), mentre altri “la parola di Dio”. Inoltre in questo versetto almeno due traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane (definite J17, 28 nell’App. C4) usano il nome divino, e l’espressione lì presente può essere resa “la parola di Geova”.
immeritata bontà Vedi Glossario.
la porta della fede Geova aprì questa simbolica porta quando diede alle persone delle nazioni, ovvero ai non ebrei, l’opportunità di acquistare fede. Nelle Scritture il concetto di acquistare fede implica l’idea di coltivare un tipo di fiducia che porta ad agire con ubbidienza (Gc 2:17; vedi approfondimento a Gv 3:16). Nelle sue lettere Paolo usò per tre volte il termine “porta” in senso figurato (1Co 16:9; 2Co 2:12; Col 4:3).